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La "A" di Giotto, por Giulia Ammannati
Vi presentiamo un articolo pubblicato per la SNS News, a proposito de la ricerca de Giulia Ammannati, nella rivista scientifica "Immagine e Parola" I, 2020 (C) by Fabrizio Serra editore, Pisa-Roma.
"Nel recente studio "La A di Giotto", pubblicato nell'ultimo numero della rivista scientifica "Immagine e Parola", Giulia
Ammannati dimostra che Giotto fu un autentico 'magister' anche nell'organizzazione di quel cantiere parallelo, di solito
considerato secondario, dedicato alla scrittura di testi e cartigli esplicativi delle immagini sacre dipinte sulle pareti chiese,
cappelle oppure su oggetti mobili come i crocifissi.
Nelle quattordici didascalie poetiche che corredano le allegorie dipinte da Giotto nello zoccolo delle
due pareti laterali della Cappella degli Scrovegni (1303-1305), la ricercatrice individua e isola
quattro mani "che si spartiscono ordinatamente il lavoro".
Le quattordici didascalie poetiche che corredano le allegorie dipinte da Giotto nello zoccolo delle due pareti laterali della Cappella vedono all'opera quattro mani diverse, che si spartiscono ordinatamente il lavoro (cit: "Immagine e Parola", 1, 2020).
Da subito le appare evidente che la 'mano A' esegue i testi più importanti ("le prime quattro virtù:
Spes, Karitas, Fides e Iustitia") e che "la distribuzione del lavoro riflette una chiara gerarchia fra
gli scriventi". Una mano che "spicca di gran lunga su tutte per armonia, abilità e padronanza esecutiva", con un ruolo guida
evidente e con interventi in situazioni di particolare impegno prospettico.
La mano B completa i tituli delle restante tre Virtu (Temperantia, Fortitudo, Prudentia), per poi spostarsi all'altro capo della parete di fronte, dove esegue il titulus del primo Vizio (Desperatio); la mano C si incarica dei tituli di Invidia e Infidelitas: la mano D, infine, esegue le iscrizoni di Ira, Insconstantia e Stultitia (cit: "Immagine e Parola", 1, 2020).
In questa mano, la Ammannati vi legge "una facilità di disegno che assicura risultati di grande equilibrio ed eleganza" e che
ha tratti molto riconoscibili anche in altre opere attribuite a Giotto: per esempio, nella Sala del Capitolo della Basilica del
Santo, sempre a Padova, da lui affrescata prima dell'esperienza agli Scrovegni, e prima ancora a Rimini, nel titulus del
Crocifisso oggi nel Tempio Malatestiano.
Le scritte di questa mano ('mano A') si ritrovano naturalmente anche ad Assisi, nella Cappella
della Maddalena nella Basilica Inferiore, nella Cappella Peruzzi di Santa Croce a Firenze o
nel Polittico Stefaneschi eseguito intorno al 1320 per l'altar maggiore della Basilica di San
Pietro in Vaticano.
"Se da un lato – spiega la ricercatrice – è logico ipotizzare che la 'mano A' possa essere di un allievo
o di uno stretto collaboratore di Giotto che lavora nella sua bottega per oltre vent'anni affiancandolo
nei diversi cantieri, abbiamo sufficienti e sicuri elementi per immaginare che questa sia la mano
dello stesso Giotto.
L'elevata qualità formale ed estetica, il suo ricorrere nelle tappe cruciali della carriera giottesca per oltre due decenni, le
modalità d'intervento che selezionano i corredi testuali di maggior pregio letterario o estensione, i punti di particolare rilievo
o difficoltà tecnica sono tutti dati perfettamente compatibili con la mano di Giotto più che con quella di qualsivoglia
collaboratore o allievo". Un sostegno in più per questa ipotesi viene trovato da Giulia Ammannati
nella tavola del Louvre, con le Stimmate, 'firmata' da Giotto. E conclude: "Dobbiamo abituarci a
pensare che, per Giotto, dipingere scrittura non fosse necessariamente operazione minore, di
contorno, da delegare a collaboratori specializzati, ma occasione di diretto interesse anche dal punto
di vista intellettuale".
(...) La scoperta di un Giotto 'calligrafo' si aggiunge a quella con la quale Giulia Ammannati ha fatto
riscrivere la storia dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
(...) Recentissima, infine, la soluzione del giallo sul vero autore della Torre di Pisa, l'unico monumento della Piazza dei
Miracoli a non avere un 'padre'.
Nel testo di una incisione sinora mai decifrata di una matrice in pietra usata per la fusione delle lastre di bronzo, ritrovata per
caso nel 1838 e poi murata nella parete vicino all'ingresso del Campanile pendente, Giulia Ammannati ha ritrovato la firma
di Bonanno Pisano, scultore e bronzista.
Di lui come autore della Torre ne aveva parlato Giorgio Vasari, ma in mancanza di prove certe la
notizia non è mai stata confermata. Uno dei motivi potrebbe anche essere stata, secondo la
ricercatrice, "perché la cattiva stella sotto cui nacque il campanile non dovette incoraggiare
l'architetto a legare il suo nome a quel palese fallimento", che peraltro ne ha fatto uno dei
monumenti più celebri al mondo.
(Da: AGI, in Normale News: https://normalenews.sns.it/giulia-ammannati-rivela-la-calligrafia-di-giotto y (cit.) "Immagine e Parola", I, 2020. )