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Più dati, consapevolezza e controllo ai cittadini aiuteranno il contenimento del Covid-19
Oggi primo marzo 2021 vi proponiamo questo articolo pubblicato nel UniPi News, molto interessante e attuale, leggete!
Pubblicato su Ethics and Information Technology uno studio condotto dai Data Scientists pisani.
"Dare più dati, consapevolezza e controllo ai singoli cittadini per contenere la pandemia da Covid-19.
Sono queste le conclusioni di uno studio condotto da un team di Data Scientists pisani pubblicato
sulla rivista Ethics and Information Technology, in cui sostengono e argomentano che un
approccio decentralizzato può aiutare la comunità ad adottare comportamenti migliori per
contrastare il virus.
Dopo il lockdown della primavera 2020, l'adozione su larga scala di app per il tracciamento dei contatti è stata approvata in
molti paesi come mezzo per facilitare il tracciamento delle catene di trasmissione e la diagnosi precoce di focolai, e quindi
per ridurre al minimo la ricomparsa di contagi da COVID-19.
Tuttavia, un approccio centralizzato, in cui i dati acquisiti dall'app vengono tutti inviati a un server a
livello nazionale, ha sollevato importanti preoccupazioni sulla privacy dei cittadini e su un controllo
digitale inutilmente forte, mettendo in allarme ricercatori e responsabili politici sull'importanza di
limitare la raccolta dei dati personali ed evitare il monitoraggio dei dati di localizzazione.
Lo studio è stato guidato nell'aprile 2020, durante la prima ondata di epidemia, da membri della comunità pisana di
ricercatori in Data Science e Intelligenza artificiale e dell'infrastruttura di ricerca europea SoBigData.eu.
Tra loro Mirco Nanni (primo autore), Fosca Giannotti, Salvatore Rinzivillo e Roberto Trasarti del Cnr-Isti; Chiara
Boldrini, Marco Conti direttore del Cnr-Iit e Andrea Passarella del Cnr-Iit; Paolo Ferragina, Riccardo Guidotti,
Anna Monreale, Dino Pedreschi, Francesca Pratesi e Salvatore Ruggieri dell' Università di Pisa; e Francesca
Chiaromonte e Giovanni Comandé della Scuola Sant'Anna - statistico e giurista dell'EMbeDS.
Nel loro studio gli esperti sostengono il vantaggio concettuale di un approccio decentralizzato, in cui sia i dati di contatto che
quelli di posizione vengono raccolti esclusivamente negli archivi di dati personali dei singoli cittadini, per essere condivisi
separatamente e selettivamente (ad esempio, con un sistema di back-end, ma possibilmente anche con altri cittadini),
volontariamente, solo quando il cittadino è risultato positivo al COVID-19 e con un livello di granularità che tutela la
privacy.
Questo approccio protegge meglio la sfera personale dei cittadini e offre molteplici vantaggi.
Consente la raccolta di informazioni dettagliate ma che preservano la privacy degli individui positivi
al covid-19, consentendo sia il tracciamento dei contatti che il rilevamento precoce di focolai su
scala geografica più precisa. L'approccio decentralizzato è anche scalabile per grandi popolazioni, in quanto solo i dati dei
pazienti positivi devono essere gestiti a livello centrale.
Le raccomandazioni del team di ricerca sono due. In primo luogo, estendere le architetture decentralizzate esistenti per
gestire la raccolta dei dati di localizzazione localmente sui singoli dispositivi e consentire ai cittadini di condividere
informazioni spazio-temporali - se e quando lo desiderano e per scopi specifici (ad esempio, con le autorità sanitarie durante
un'epidemia).
In secondo luogo, a più lungo termine, perseguire l'adozione su vasta scala di sistemi sicuri ed efficaci per la raccolta e l'uso
dei propri dati personali, dando a ciascun individuo l'opportunità di contribuire al bene comune volontariamente e per
obiettivi specifici, accrescendo la consapevolezza di sé e coltivando sforzi collettivi per la ricostruzione della società.
Mirco Nanni primo autore dello studio afferma: "L'equilibrio ottimale tra bene pubblico e protezione dei dati personali non
può essere raggiunto se non coinvolgendo l'individuo stesso nel processo di decisione. La priorità è fornirgli i mezzi per
acquisire piena coscienza e pieno controllo dei propri dati, così da permettergli di decidere consapevolmente se e quando
condividerli con altri, con quali modalità e quali limiti. L'emergenza COVID-19 ha reso più evidente come il potenziale
contributo che il singolo cittadino potrebbe fornire con i suoi dati si scontri con il timore di abusi. Riteniamo che fornire
consapevolezza e controllo sia la giusta cura per questo conflitto, e che le sfide per farlo siano ancor più culturali che
tecnologiche".
L'idea di base è promuovere un new deal di dati personali: "Consentire agli individui di raccogliere,
utilizzare e aggiungere valore ai propri dati riduce il ruolo dominante delle grandi piattaforme e
aiuta a democratizzare Big Data e Intelligenza Artificiale" – afferma Dino Pedreschi, professore
di Informatica dell'Università di Pisa e corresponding author dello studio – "Questa può essere la
chiave per una trasformazione digitale che accresca effettivamente il benessere individuale e collettivo".
"L'approccio proposto – continua Giovanni Comandé – anticipa già le proposte normative europee (Data Governance Act) e la sua politica di "data altruism"."