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Di felicità e altre amenità: Riaprire il Teatro Rossi Aperto!
"Se stai leggendo questo messaggio, è perché sei una delle persone iscritte alla newsletter del TRA, o una delle 3.300 persone che hanno firmato la petizione per riaprire il Teatro Rossi di Pisa e, alla luce delle ultime notizie, vuoi sapere cosa sta succedendo..." VERSIONE SPAGNOLA
NdR: Cosi inizia una lettera arrivata a la nostra Redazione e abbiamo chiesto il
permesso di pubblicarla. Oggi Festa della Donna, oggi, IO Donna, sciopero!
"Sì, c'è un bando sul Teatro Rossi.
No, non parteciperemo al bando. Perché non abbiamo i requisiti formali, né i soldi. Soprattutto i soldi.
Sì, lo abbiamo studiato e no, non ve lo riassumeremo qui, perché sarebbe
terribilmente noioso e penoso raccontarvi come di fronte al bando anche la nostra ultima interlocutrice (Regione Toscana)
si è tirata indietro.
Così eravamo solo noi e il Bando, e forse per la nostalgia dei palchi vuoti di un teatro che non avevamo più è diventato l'oggetto delle nostre attenzioni, e lo abbiamo guardato da molto, molto vicino. Troppo vicino. Senza nessuna prospettiva. L'inverso, cioè, di quello che abbiamo voluto dentro al Teatro per oltre otto anni.
Cosa stavamo facendo? Eventi culturali, ecco cosa stavamo facendo. Spettacoli, concerti, feste,
dibattiti, laboratori, video, festival di cinema, mostre. Perché ne avevamo bisogno noi e li volevamo
regalare ad altre persone. A una città. Era illegale, regalare il proprio tempo e le proprie passioni,
condividerle e farle crescere. Reato grave. Abbiamo volentieri commesso il reato, perché ne
avevamo bisogno. E quando si commettono reati perché si ha bisogno di qualcosa allora si chiama
in causa la politica, quella roba che le leggi dovrebbe farle, interpretarle, applicarle e se necessario disfarle, rifarle,
cambiarle, o anche solo interpretarle in un modo diverso e decidere se quella cosa che risponde a quel bisogno è, dopotutto,
davvero illegale.
Forse non dovrebbe esserlo. Forse può non esserlo.
E insomma, per fare cultura alla fine dovevamo fare anche politica, ed è per questo che abbiamo intavolato una trattativa
con le istituzioni. Ché anche le istituzioni, dopotutto, devono rispettare la legge. Tipo tutelare il patrimonio culturale, che non
è fatto solo dei siti archeologici, dei musei o dei teatri, e neanche solo di quello che ci sta dentro, nei musei, ma anche di
quello che ci è successo, nei siti archeologici, e soprattutto di quello che ci può ancora succedere, nei teatri.
Quindi certo: le istituzioni dovevano fare qualcosa, per il teatro più antico di Pisa. Noi lo abbiamo aperto,
pulito, curato, e abbiamo dimostrato che poteva funzionare, che potevano ancora succederci delle cose,
che poteva soddisfare dei bisogni, tipo ballare in trecento o scoprire poete o vedere cose mai viste, e
abbiamo chiesto alle istituzioni: bene, ora che pensate di fare, per tutelare e promuovere questo
patrimonio? E loro ci hanno detto che bisognava valorizzarlo, che non è del tutto chiaro cosa
significhi valorizzare una cosa che ha in sé un valore, ma pare che andasse fatto un Piano di
valorizzazione, e per fare questo Piano di valorizzazione ci volevano dei soldi, tantissimi soldi, che è un po' strano che per
valorizzare una cosa che per noi era quantomeno già valida, che già aveva e produceva valore, tu ci debba mettere così tanti
soldi, ma insomma alla fine abbiam chiamato diverse persone specialiste di diversi campi che hanno a che fare con un teatro
e abbiamo fatto un Progetto che abbiamo portato alla Trattativa. Mica smettendo di fare gli eventi culturali di cui avevamo
bisogno, insieme a tutte le altre cose che facevamo nelle nostre vite individuali, e insomma di tempo libero non ne avevamo
più, perché lo avevamo regalato tutto, ma eravamo felici e soprattutto avevamo fatte felici altre persone, che con i tempi
che corrono, insomma, ci pareva una cosa bella, ecco. E allora quando abbiamo chiesto alle Istituzioni, durante la
Trattativa, con il Progetto in mano, e praticamente tutto il lavoro fatto, quando abbiamo chiesto cosa pensavano di fare, per
tutelare e promuovere questo patrimonio, che nel frattempo era pure cresciuto, le Istituzioni, che erano tantissime e diciamo
non si frequentavano granché, quindi noi mentre vivevamo e facevamo eventi parlavamo con un sacco di persone nelle
Istituzioni e riferivamo, tipo pettegolezzo ma dicendo a pranzo al Demanio cosa ci aveva detto all'aperitivo la Regione, ecco
le Istituzioni, dicevamo, hanno detto che ci dovevano pensare su. E dopo averci pensato su tantissimo, hanno deciso che per
tutelare questo patrimonio, questo patrimonio andava chiuso.
E ora che questo patrimonio è chiuso, si troverà qualcuno che ci mette i soldi. Non le Istituzioni. E molti soldi.
Noi facevamo cose belle a offerta libera. Potevamo fare altro, ovviamente.
Ci sono persone che nella vita fanno altro, persone che fanno i soldi, sicuramente, e che da qualche
parte li metteranno, di solito in banca, ma magari anche in un teatro, chissà, ma noi no, noi i soldi
non li abbiamo mai saputi fare o trovare, abbiamo imparato a fare i Progetti e a leggere i Bandi, ma
fare i soldi non lo abbiamo imparato, non ci è capitato, mentre facevamo felicità. E siccome questo
succedeva una pandemia fa, diciamo che per un certo periodo abbiamo sofferto di un certo deficit di felicità, visto che il
nostro patrimonio di felicità le Istituzioni, per tutelarlo, lo avevano chiuso, e quindi abbiam dovuto imparare a fare felicità
altrove e senza poterla più regalare, una felicità non più pubblica e condivisa. Che forse non è del tutto legittimo,
moralmente, decidere un giorno che si vuole provare a essere felici senza anche regalare felicità alle altre persone, ché
essere felici in un posto tutto privato fa un po' triste, ecco, la felicità nel segreto della propria cameretta, ma da
quello che abbiamo capito studiando i bandi pare che essere felici così, anche se è un po' triste pare sia legale.
Se non altro abbiamo certezza di una cosa, e cioè che le Istituzioni troveranno quelli che sanno fare i soldi, almeno quanto
non dubitiamo della ferrea logica che per tutelare il patrimonio lo si debba valorizzare chiudendolo. Che dev'essere un modo
di essere felici che non conoscevamo ancora e chissà se funziona.
(De: Lettera del TRA, Teatro Rossi Aperto; con permesso degli organizzatori. Marzo 2022. Foto 1: Google, foto 2, 3 e 4: pagina Fb del Teatro Rossi Aperto, con permesso degli amministratori).