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Di grano, pane, spezie per navi e mercati per Dtt.ssa. R. Amico
Gli uomini e i luoghi del cibo a Pisa dal Medioevo all'Età moderna
"D'una grande carestia di biada in Pisa.
Nell'anno milletrecientoquarantasette fue in Pisa grandissima charestia di biada, e cciò fu per tutta Toschana. E per la cità di Pisa si fecie cànove di pane, e molti poveri e gente forestiere venneno in Pisa per potere vivere. E non rimase in Pisa erbba viva che tutta si manggiò inffine all'ortica, e non rimase erba sopra la terra che non ssi manggiasse."
(Cronaca di Pisa. Archivio Roncioni 338).
Gran parte della vita umana si organizza intorno alla produzione e commercio del cibo.
Questa mostra sull'alimentazione nel territorio pisano, basata sui documenti dell' Archivio di Stato,
per la limitatezza degli spazi, è focalizzata solo su alcuni aspetti o momenti del rapporto di Pisa con
il cibo e alcuni dei luoghi di produzione e commercio di cui molto spesso si è occupato il potere
pubblico.
Abbondanza e carestia
Esponendo l'anonima Cronaca di Pisa del manoscritto Roncioni 338, abbiamo voluto portare l'attenzione non soltanto sui momenti di prosperità ma anche su quelli di grave crisi alimentare che toccarono la città nella sua storia, momenti che adesso è difficile persino immaginare. La carestia degli anni Quaranta del Trecento investì pesantemente non solo Pisa ma anche Firenze, l'intera Toscana ed altri paesi d'Italia. Lo stato di malnutrizione delle classi popolari preluse forse alla grande incidenza epidemica della peste del 1348.
Un altro stato di crisi cui si accenna nella mostra è quello dei contadini della Valdiserchio che, alla fine del Cinquecento, lamentavano di non avere da vivere e chiedevano al potere pubblico sussidi alimentari: grano e segale vennero distribuiti alle comunità dall'Abbondanza di Firenze che li acquistava sulle piazze in cui era possibile trovarli: i contadini, naturalmente, ricevevano i beni non in forma gratuita ma dietro pagamento.
La mostra si articola in una serie di sezioni che si prefiggono di fornire spunti di ulteriori ricerche:
Il Medioevo
In questa sezione trovano posto documenti del Trecento e del Quattrocento e alcuni degli statuti pisani: quelli del Comune e
quelli delle Arti o corporazioni. Tra questi ultimi è esposto il Breve dei tabernarii (1304-1305). I tabernari erano i venditori di
carne e macellatori di animali: molte delle loro botteghe erano concentrate negli spazi antistanti la chiesa di S. Michele in
Borgo, erano questi, i tabernarii del Ponte Vecchio, mentre altre botteghe si trovavano nella zona
del ponte Novo ed in Chizica.
L'Arte era governata da un organismo composto da 6 consoli che duravano in carica un anno. Il
Breve fissava le regole cui doveva attenersi l'associato, cercando di evitare la concorrenza e le
frodi.
Il Breve del Comune, invece, con il libro III De maleficiis, interviene a dettare norme per la repressione dei delitti che potevano esser commessi da mugnai, fornai, vinai, in particolare frodi sul peso o sulla consistenza e qualità dei prodotti alimentari.
Il Breve dell'Arte degli speziari, miniato e ridondante d'oro, con le immagini dei santi Cosma e Damiano, protettori dell'Arte, fu scritto nel 1495, all'epoca della ribellione di Pisa da Firenze; venne poi corretto nei primi decenni de Cinquecento dopo la riconquista fiorentina.
L'Arte degli speziari era deputata al commercio delle spezie e alla confezione di prodotti medicinali per i quali si usavano zuccheri ed altri prodotti di spezieria. Nello statuto si trova riferimento ai deprecabili usi dei contadini che, nei tempi caldi, solevano mangiare dolci o impasti di miele, farina, spezie calde, con grande danno per la lor salute, al punto che alcuni ne morivano: da ciò il divieto imposto agli speziari di preparare e vendere, da aprile ad ottobre, pan pepati, pan mostacci ed altri dolci a base di miele e spezie calde. Il divieto era adottato per consiglio dei medici.
La pasta
Pisa fu nel Trecento anche luogo di produzione della pasta fresca, come attesta una provvisione degli Anziani del 1350 a favore di due fornai che producevano lasagne.
Il grano che giungeva a Pisa dalla regione interna denominata Marittima (la Maremma pisana) non era sufficiente ai bisogni dello stato che si riforniva anche con acquisti dalla Sardegna o dalla Sicilia, come attesta il documento del Diplomatico Alliata del 22 novembre 1302.
Commercio di prodotti per mare
La seconda sezione riguarda il commercio del cibo che a Pisa, collegata al porto anche per via fluviale, poteva giungere, o
essere esportato, anche dal mare. Anche nel Quattrocento e nel Cinquecento i mercanti pisani e
fiorentini continuarono a intrattenere rapporti commerciali con i paesi del Nord Africa da cui
importavano prodotti alimentari, pelli, e cui inviavano stoviglie, stoffe, merci diverse.
Trova posto in questa sezione il libro di viaggio di un comandante di nave di area pisana che nel
1437 recò un carico di frumento da Agrigento a Tripoli. Qui il grano fu venduto ad acquirenti arabi
che, per ricevuta, sottoscrissero il libretto del capitano, ora esposto in mostra.
Il viaggio verso il Nord Africa della nave S. Maria Incoronata, partita nel 1581 da Livorno e diretta in Marocco, dove giunse nel 1583, è documentato attraverso il libro del capitano Bernardo Vaglienti.
Nel Settecento mercanti di Livorno intrecciarono rapporti con aree dell'America da cui ormai arrivavano non sontanto i tesori di cui parla Iacopo Antonio Boasi nella lettera in mostra diretta al suo corrispondente di Cadice, Alessandro Quaratesi, ma anche i prodotti alimentari del Nuovo Mondo, quali ad esempio il cacao, il pomodoro, la patata, ed altri ancora, prodotti che rivoluzionarono l'alimentazione europea. Tra la fine del Seicento ed il Settecento la cioccolata entrò nelle abitudini alimentari degli europei. E' del 1703 la Nota per saper manipolare la cioccolata, una ricetta, esposta in mostra, che prevede la preparazione del cioccolato con cannella o altri aromi e spezie, quali il muschio in sostituzione della vaniglia.
Certosa di Calci
La dieta certosina, basata essenzialmente sul consumo di verdure e pesce, soprattutto d'acqua dolce,
offre gli spunti per un'ulteriore sezione. Dalla seconda metà del Settecento il cioccolato entrò tra i consumi della Certosa, come anche il caffè della Martinica, il cui acquisto è registrato fra le spese della Spezieria.
La Corte
La caccia dei principi, i ricevimenti della Corte granducale hanno un' eco nella mostra attraverso i "Ricordi" delle monache delle monastero di S. Giovanni gerosolimitano di Pisa che sorgeva lungo la via detta di S.Giovannino (oggi via Pietro Gori). Cardinali e principi della dinastia medicea visitarono spesso il monastero pisano di cui erano anche superiori in quanto priori dell'Ordine di S. Giovanni.
In particolare la granduchessa Vittoria della Rovere, moglie di Ferdinando II e madre del principe Francesco Maria, priore di Pisa, nei suoi soggiorni in città visitò più volte il monastero accompagnata dalla corte, offrendovi rinfreschi e facendo poi giungere alle monache vivande pregiate, quali 300 ostriche.
Il territorio: mercati, mulini, frantoi
La ricca idrografia del territorio pisano permise lo sfruttamento della forza motrice dell'acqua per l'impianto di opifici : mulini per la macinazione del grano, frantoi per la frangitura delle olive e la produzione dell'olio. Gli oliveti erano e restano fra le colture diffuse in alcune aree del pisano, come quella di Buti, mentre Calci, Vicopisano, sono rappresentate in mostra con piante del Settecento che attestano la collocazione di molti mulini.
Una bella pianta di Peccioli ci offre la situazione della piazza del mercato nella seconda metà del Cinquecento.
Il campione dei beni commissionato nel 1780 all'architetto Ristorini dal marchese Giuseppe Luigi Riccardi, offre le immagini di una grande ed esemplare fattoria, quella de La Cava, nel territorio di Pontedera.
I luoghi del mercato a Pisa
In primo piano la Piazza del Grano con un documento del 18 aprile 1360 che mostra quale era l'assetto medievale della
piazza, la fitta rete delle sue botteghe recanti nomi pittoreschi, prima che il governo fiorentino,
alla fine del Quattrocento, ne decidesse lo spostamento in altro luogo, ovvero nello spazio
conosciuto adesso come Piazza delle Vettovaglie, dove è attestata, attraverso una bellissima pianta
del 1781, la presenza di forni di proprietà de Comune di Pisa, deputati forse a calmierare il prezzo
del pane. Altre piante riguardano luoghi deputati ai mercati, come la via di Borgo, piazza dei Cavoli
o le Logge di Banchi.
Tonnare dell'Isola d'Elba
L'ultima sezione è dedicata all' impresa economica tentata dai Franceschi di Pisa che parteciparano alla Società che si aggiudicò l'appalto delle tonnare di Portoferraio e Marciana dell'Elba nel novennio dal 1776 al 1785. L'impresa non ebbe successo: con l'eccezione dell' anno 1778, in cui si ebbe un utile di lire 4788.7.8, la Società fu poi sempre in perdita e venne liquidata nel 1784.
La tonnara a mare, utilizzata in vari luoghi dell'Elba, ripeteva lo schema siciliano ed i primi impianti elbani vennero organizzati da maestranze trapanesi.
Rosalia Amico, ricercatora del Archivio dello Stato de Pisa. Gentilmente ci ha concesso la pubblicazione de la presentazione della interessante mostra sul Cibo nel Medioevo a Pisa, che rimarrà in mostra questo mese.
Ringraziamo la sua attenta condivisione e l'informazione fornita nella mostra.
(Immagine del google.it)