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"Pinocchio. Racconto grafico" edito da Incipit delle Edizioni della Normale
Per i prossimi giorni si inaugura una mostra al Museo Marino Marini di Firenze... VERSIONE SPAGNOLA
"La favola di Collodi che Stefano Rovai ha "reinventato" con un volume ricco di invenzioni grafiche
e rimandi alla poetica futurista è anche "Racconto grafico. Le avventure di Pinocchio", installazione
che sarà inaugurata domenica 3 aprile alle 17:00.
(...)Un'esplosione di parole e simboli per immergersi nel romanzo che ha segnato la fantasia di ogni
lettore; il secondo testo più pubblicato al mondo dopo la Bibbia, oltre a quello tradotto in assoluto in
più lingue.
Questa è "Racconto grafico. Le avventure di Pinocchio", l'installazione del designer Stefano Rovai che sarà inaugurata
domenica 3 aprile 2022 al Museo Marino Marini di Firenze (piazza San Pancrazio).
Ogni frase del testo di Collodi si trasforma in un'avventura tipografica, in un'illustrazione parlante che parte dalle suggestioni
della poesia futurista per decollare in un divertissement tra grafica e linguistica, a partire dal volume "Pinocchio. Racconto
grafico", firmato dallo stesso Rovai (edito da Incipit per le Edizioni della Normale e Istituto Nazionale di Studi sul
Rinascimento, 2022).
Durante il vernissage, alle ore 17.00, insieme all'autore e alla presidente del Museo Patrizia Asproni,
saranno presenti il direttore dell'Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento e di Incipit Michele Ciliberto
e il designer e illustratore Andrea Rauch. La mostra, allestita nella cripta dello spazio espositivo, sarà
visitabile fino al 23 maggio 2022 (info: www.museomarinomarini.it).
"Racconto grafico. Le avventure di Pinocchio" è un'installazione sulla forza delle parole – spiega
Rovai, fondatore di RovaiWeber design a Firenze, che oggi si occupa della progettazione grafica per il
Nasjonalmuseet di Oslo e per la Biblioteca Richelieu a Parigi – il visitatore si troverà completamente avvolto da frasi,
espressioni e segni d'interpunzione deflagrati sulle pareti e proiettati sul pavimento, che diventano veri e propri personaggi,
attori di un libro che è come il palcoscenico di un teatro". "Sono stato attratto dal mondo di Pinocchio nel 1981 – continua –
quando a Firenze viene allestita una mostra su tutti gli artisti che lo hanno illustrato, segnalata da una gigantesca sagoma
del burattino creata da Enrico Mazzanti. È stato lì che ho scoperto che tantissimi artisti – da Mario Schifano a Jim Dine – si
erano cimentati con questo testo, e ho iniziato a immaginare come avrei potuto farlo io, da designer grafico. La risposta ha
preso corpo nel tempo: trasferire i concetti in immagini non attraverso l'illustrazione, ma grazie alle infinite possibilità
espressive della tipografia".
Pinocchio dunque, con il suo lungo naso e la testa rotonda, si trasforma in punto esclamativo, e le
parole saltano, si ingarbugliano, diventano enormi e ingombranti, crollano, rimpiccioliscono. In
questo modo la tipografia espressiva caratterizza il testo nel tempo e nello spazio, segnala il tono di
voce, intensifica il significato dei termini, imprime un ritmo al racconto ricreando visivamente le
sensazioni e le emozioni suggerite dalla narrazione.
Il volume "Pinocchio. Racconto grafico", edito da Incipit (progetto della Scuola Normale di Pisa in
collaborazione con alcune delle più importanti istituzioni culturali italiane, tra cui in questo caso l'Istituto Nazionale di Studi
sul Rinascimento) sarà presentato durante l'inaugurazione. Il volume rielabora, attraverso l'"illustrazione tipografica", l'intero
romanzo di Collodi. All'interno del Marini saranno installati singoli passaggi particolarmente potenti e immaginifici, complice
l'espressività così intensa della parlata toscana.
Stefano Rovai: professionalmente attivo dal 1977, dirige a Firenze insieme a Susanna Weber e Niccolò Mazzoni RovaiWeber design, attivo su più ambiti: dalla cultura (Fondazione Palazzo Strozzi, Museo dell'Opera del Duomo, Museo degli Innocenti, Museo Galileo, Museo dell'Opera Primaziale di Pisa, Museo Salvatore Ferragamo) all'editoria (Edizioni della Normale, Giunti Editore, Giunti Mostre Arte Musei, Electa), all'industria della moda (Salvatore Ferragamo, Gucci, Ermanno Scervino), del vino (Ornellaia, Masseto, Planeta), alle istituzioni pubbliche (Comune di Firenze, Regione Toscana) e private (Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze). È docente di Laboratorio di design della comunicazione presso l'Università degli Studi di San Marino. Come fotografo ha pubblicato i volumi Lost and found (Firenze 2010), The look out (Firenze 2013) e Uncertain Shapes (Firenze 2013).
Museo Marino Marini: è nato dalla volontà di Marino e Marina Marini che, alla fine degli anni Settanta del Novecento, individuarono l'ex chiesa di San Pancrazio di Firenze come luogo ideale al quale legare la donazione di opere che l'artista, poco prima di morire, aveva fatto alla città. La ristrutturazione della chiesa, recuperata dopo secoli e ridestinata a una funzione pubblica, è stata realizzata dagli architetti Lorenzo Papi e Bruno Sacchi che hanno saputo creare un allestimento a immagine e somiglianza di quel mondo così affascinante di Marino Marini, uno dei personaggi più significativi della cultura figurativa del Novecento. Il museo ospita 183 opere di Marino Marini: disegni, litografie, dipinti, sculture, tutte esposte al pubblico sui quattro livelli del museo. Parte integrante del museo, recuperata alla visita del pubblico dopo un lungo restauro, è una delle meraviglie del Rinascimento fiorentino: la Cappella Rucellai, capolavoro assoluto dell'architetto Leon Battista Alberti, con il Tempietto del Santo Sepolcro.
...work in progress!
Di felicità e altre amenità: Riaprire il Teatro Rossi Aperto!
"Se stai leggendo questo messaggio, è perché sei una delle persone iscritte alla newsletter del TRA, o una delle 3.300 persone che hanno firmato la petizione per riaprire il Teatro Rossi di Pisa e, alla luce delle ultime notizie, vuoi sapere cosa sta succedendo..." VERSIONE SPAGNOLA
NdR: Cosi inizia una lettera arrivata a la nostra Redazione e abbiamo chiesto il
permesso di pubblicarla. Oggi Festa della Donna, oggi, IO Donna, sciopero!
"Sì, c'è un bando sul Teatro Rossi.
No, non parteciperemo al bando. Perché non abbiamo i requisiti formali, né i soldi. Soprattutto i soldi.
Sì, lo abbiamo studiato e no, non ve lo riassumeremo qui, perché sarebbe
terribilmente noioso e penoso raccontarvi come di fronte al bando anche la nostra ultima interlocutrice (Regione Toscana)
si è tirata indietro.
Così eravamo solo noi e il Bando, e forse per la nostalgia dei palchi vuoti di un teatro che non avevamo più è diventato l'oggetto delle nostre attenzioni, e lo abbiamo guardato da molto, molto vicino. Troppo vicino. Senza nessuna prospettiva. L'inverso, cioè, di quello che abbiamo voluto dentro al Teatro per oltre otto anni.
Cosa stavamo facendo? Eventi culturali, ecco cosa stavamo facendo. Spettacoli, concerti, feste,
dibattiti, laboratori, video, festival di cinema, mostre. Perché ne avevamo bisogno noi e li volevamo
regalare ad altre persone. A una città. Era illegale, regalare il proprio tempo e le proprie passioni,
condividerle e farle crescere. Reato grave. Abbiamo volentieri commesso il reato, perché ne
avevamo bisogno. E quando si commettono reati perché si ha bisogno di qualcosa allora si chiama
in causa la politica, quella roba che le leggi dovrebbe farle, interpretarle, applicarle e se necessario disfarle, rifarle,
cambiarle, o anche solo interpretarle in un modo diverso e decidere se quella cosa che risponde a quel bisogno è, dopotutto,
davvero illegale.
Forse non dovrebbe esserlo. Forse può non esserlo.
E insomma, per fare cultura alla fine dovevamo fare anche politica, ed è per questo che abbiamo intavolato una trattativa
con le istituzioni. Ché anche le istituzioni, dopotutto, devono rispettare la legge. Tipo tutelare il patrimonio culturale, che non
è fatto solo dei siti archeologici, dei musei o dei teatri, e neanche solo di quello che ci sta dentro, nei musei, ma anche di
quello che ci è successo, nei siti archeologici, e soprattutto di quello che ci può ancora succedere, nei teatri.
Quindi certo: le istituzioni dovevano fare qualcosa, per il teatro più antico di Pisa. Noi lo abbiamo aperto,
pulito, curato, e abbiamo dimostrato che poteva funzionare, che potevano ancora succederci delle cose,
che poteva soddisfare dei bisogni, tipo ballare in trecento o scoprire poete o vedere cose mai viste, e
abbiamo chiesto alle istituzioni: bene, ora che pensate di fare, per tutelare e promuovere questo
patrimonio? E loro ci hanno detto che bisognava valorizzarlo, che non è del tutto chiaro cosa
significhi valorizzare una cosa che ha in sé un valore, ma pare che andasse fatto un Piano di
valorizzazione, e per fare questo Piano di valorizzazione ci volevano dei soldi, tantissimi soldi, che è un po' strano che per
valorizzare una cosa che per noi era quantomeno già valida, che già aveva e produceva valore, tu ci debba mettere così tanti
soldi, ma insomma alla fine abbiam chiamato diverse persone specialiste di diversi campi che hanno a che fare con un teatro
e abbiamo fatto un Progetto che abbiamo portato alla Trattativa. Mica smettendo di fare gli eventi culturali di cui avevamo
bisogno, insieme a tutte le altre cose che facevamo nelle nostre vite individuali, e insomma di tempo libero non ne avevamo
più, perché lo avevamo regalato tutto, ma eravamo felici e soprattutto avevamo fatte felici altre persone, che con i tempi
che corrono, insomma, ci pareva una cosa bella, ecco. E allora quando abbiamo chiesto alle Istituzioni, durante la
Trattativa, con il Progetto in mano, e praticamente tutto il lavoro fatto, quando abbiamo chiesto cosa pensavano di fare, per
tutelare e promuovere questo patrimonio, che nel frattempo era pure cresciuto, le Istituzioni, che erano tantissime e diciamo
non si frequentavano granché, quindi noi mentre vivevamo e facevamo eventi parlavamo con un sacco di persone nelle
Istituzioni e riferivamo, tipo pettegolezzo ma dicendo a pranzo al Demanio cosa ci aveva detto all'aperitivo la Regione, ecco
le Istituzioni, dicevamo, hanno detto che ci dovevano pensare su. E dopo averci pensato su tantissimo, hanno deciso che per
tutelare questo patrimonio, questo patrimonio andava chiuso.
E ora che questo patrimonio è chiuso, si troverà qualcuno che ci mette i soldi. Non le Istituzioni. E molti soldi.
Noi facevamo cose belle a offerta libera. Potevamo fare altro, ovviamente.
Ci sono persone che nella vita fanno altro, persone che fanno i soldi, sicuramente, e che da qualche
parte li metteranno, di solito in banca, ma magari anche in un teatro, chissà, ma noi no, noi i soldi
non li abbiamo mai saputi fare o trovare, abbiamo imparato a fare i Progetti e a leggere i Bandi, ma
fare i soldi non lo abbiamo imparato, non ci è capitato, mentre facevamo felicità. E siccome questo
succedeva una pandemia fa, diciamo che per un certo periodo abbiamo sofferto di un certo deficit di felicità, visto che il
nostro patrimonio di felicità le Istituzioni, per tutelarlo, lo avevano chiuso, e quindi abbiam dovuto imparare a fare felicità
altrove e senza poterla più regalare, una felicità non più pubblica e condivisa. Che forse non è del tutto legittimo,
moralmente, decidere un giorno che si vuole provare a essere felici senza anche regalare felicità alle altre persone, ché
essere felici in un posto tutto privato fa un po' triste, ecco, la felicità nel segreto della propria cameretta, ma da
quello che abbiamo capito studiando i bandi pare che essere felici così, anche se è un po' triste pare sia legale.
Se non altro abbiamo certezza di una cosa, e cioè che le Istituzioni troveranno quelli che sanno fare i soldi, almeno quanto
non dubitiamo della ferrea logica che per tutelare il patrimonio lo si debba valorizzare chiudendolo. Che dev'essere un modo
di essere felici che non conoscevamo ancora e chissà se funziona.
(De: Lettera del TRA, Teatro Rossi Aperto; con permesso degli organizzatori. Marzo 2022. Foto 1: Google, foto 2, 3 e 4: pagina Fb del Teatro Rossi Aperto, con permesso degli amministratori).
Svelato un possibile ritratto di Dante negli affreschi di Buffalmacco...per SNS News
"Svelato un possibile ritratto di Dante negli affreschi di Buffalmacco nel Camposanto di Pisa" per il SNS News fu pubblicato a fine gennaio e lo condividiammo con voi:
Lo studio di Giulia Ammannati è in corso di stampa sugli Annali della Scuola Normale. Nella sezione del
Giudizio Universale spicca un uomo vestito di rosso e assai somigliante al ritratto giottesco di Dante al
Bargello. VERSIONE SPAGNOLA
"Potrebbe essere Dante Alighieri una delle figure rappresentate negli affreschi che Buffalmacco dipinse
tra il 1336 e il 1342 sulle pareti nel Camposanto di Pisa. È l'ipotesi che Giulia Ammannati, professoressa
di Paleografia alla Scuola Normale, avanza in un articolo in corso di stampa sugli Annali della Scuola
Normale, di cui ha parlato Salvatore Settis sul Sole 24 Ore di ieri (30 gennaio 2022).
Nella sezione del Giudizio Universale degli affreschi, solerti arcangeli spingono all'inferno una folla
di reietti, in cui spicca un uomo vestito di rosso e assai somigliante al ritratto giottesco di Dante al
Bargello (ante 1337). Perché Buffalmacco avrebbe fatto precipitare all'inferno proprio Dante?
Ammannati nel suo studio non si basa solo su somiglianze fisionomiche, ma riconduce questa
ipotesi al contesto storico-politico dell'epoca, e all'aspro contrasto che opponeva Papato e Impero. L'arcivescovo di Pisa
Simone Saltarelli, stretto collaboratore di papa Giovanni XXII, si era dovuto rifugiare ad Avignone presso il Pontefice
negli anni (1327-29) in cui Pisa fu occupata da Ludovico il Bavaro, che vi insediò anche un proprio antipapa (Niccolò V).
In quelle vicende i filoimperiali avevano tratto succosi argomenti da un'opera di Dante, il "De
Monarchia, presto condannata al rogo dagli emissari del Papa avignonese. Ecco che il Dante
teorico dell'Impero può essere stato stigmatizzato negli affreschi di Buffalmacco, nella cui
ispirazione i domenicani pisani e lo stesso arcivescovo ebbero un ruolo fondamentale. Il
personaggio barbuto accanto a lui potrebbe allora essere Virgilio, messo al bando forse anche per la sua fama medievale di
mago, accusa che peraltro colpì lo stesso Dante negli ultimi anni della sua vita.
Ma cosa sapevano i pisani dell'aspetto di Dante quando Buffalmacco dipingeva in Camposanto?
Saltarelli e Buffalmacco erano fiorentini e potevano aver visto il ritratto di Dante al Bargello, ma
Ammannati adduce anche la plausibile ipotesi, dovuta a Marco Santagata, che Dante avesse
soggiornato a lungo a Pisa negli anni di Arrigo VII (1312-13), componendovi larghe parti proprio
del De Monarchia. La predicazione dei domenicani e la tradizione orale di commento ai dipinti
avrebbero fatto il resto, rendendo riconoscibile ai contemporanei l'exemplum del reprobo Dante.
work in progress!