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La Laguna (39) per N. Cataldo
Ciao a tutti e buon anno nuovo!
Vi scrivo, infatti, in questa prima domenica del 2016 seduto sul divano del salotto di casa mentre la lavatrice fa il suo sporco lavoro;) Si tratta di un modo come un altro di iniziare a "produrre" in questo anno nuovo dopo i festeggiamenti e le vacanze degli ultimi giorni.
Che cosa ho fatto a Capodanno? Si può dire che il mio Capodanno è cominciato il trentuno mattina ed è finito l'uno sera.
L'ultimo giorno dell'anno scorso, infatti, sono andato a Los Cristianos a trovare i miei amici Pepe ed
Eli (di nuovo in visita) ed a fare l'ultimo bagno dell'anno. Poi, dopo una bella siesta pomeridiana,
siamo andati a cena al Médano dalla mia amica Sandra.
Dopo cena, siamo scesi in Piazza al Médano per aspettare la mezzanotte lì e ballare un po' al ritmo dell'orchestra che suonava dal vivo accanto alla spiaggia. In realtà, non ci siamo rimasti molto perché la stanchezza ha iniziato a farsi sentire e forse anche gli anni che passano ;)
E allora il primo giorno dell'anno è iniziato relativamente presto con sessione di spiaggia e primo bagno dell'anno nuovo a Los Cristianos.
Fino a qualche anno fa riuscivo perfettamente a combinare una serata in giro per bar e discoteche con il giorno dopo in spiaggia, ma ora, normalmente, se faccio una cosa non faccio l'altra e, tendenzialmente, se devo decidere tra le due opto quasi sempre per una bella giornata di mare. Come dicevo prima, anche a Tenerife si invecchia;)
Tornando al Capodanno, dopo il mare siamo andati a pranzare in quello che forse è il miglior ristorante libanese dell'isola. Si chiama Habibi ed è sul lungomare de Los Cristianos. Abbiamo mangiato molto bene e tra l'altro lì ho rivisto una mia vecchia vicina di casa marocchina di qualche anno fa, di quando condividevo l'appartamento in un'altra zona de La Laguna.
È stato un piacere rivedere Maria e sapere di lei e di come è cambiata la sua vita negli ultimi anni. Mi parlava, infatti, della sua nuova casa nel sud dell'isola, di suo marito e di sua figlia e, soprattutto, sembrava molto felice. Mi fa davvero piacere per lei!
Se, invece, volete sapere di altri ristoranti libanesi sull'isola, vi consiglio il Libano a Santa Cruz e il Malak a La Laguna. La cucina di questo paese è una delle mie preferite e se non l'avete mai provata, ve lo consiglio vivamente.
Dopo un ottimo tè libanese e l'inderogabile siesta, ci siamo diretti a Las Galletas, un piccolo paesino un
po' più a nord di Los Cristianos, dove abbiamo fatto una bella passeggiata durante la quale abbiamo
potuto goderci dei magnifici panorami. Da una parte si vedeva il Teide e dall'altra il tramonto sul mare.
Il tutto all'interno di un piccolo e caratteristico porto di pescatori. Mentre passeggiavamo ho ricevuto la chiamata per gli auguri di mia sorella e quando le ho descritto ciò che vedevo durante la mia passeggiata,
lei, poveretta, mi ha detto che da casa sua, nella provincia di Brescia, si vedeva solo, testuali parole "nebbia a destra, nebbia a sinistra, nebbia davanti e nebbia dietro" ;) Abbiamo, poi, concluso la serata con una cena a base di pesce in un bel ristorantino sul mare gestito da un simpatico signore cubano.
Il giorno dopo, e cioè ieri, invece, abbiamo fatto una bella gita nel nord dell'isola. Pepe ed Eli sono passati a prendermi da La Laguna e da qui ci siamo diretti a casa di due carissimi amici, Abi e Miguel, a Icod de los Vinos.
Dopo un breve caffè nel loro nuovo e bellissimo appartamento abbiamo iniziato un bel giro turistico
tra calette e scogliere a strapiombo sul mare con tanto di mini passeggiata in mezzo alla natura.
Niente bagno questa volta, ma ho ancora negli occhi l'emozione di vedere il mare del nord dell'isola
in tutta la sua forza. Di lì siamo ritornati a Icod, ma non a casa di Abi, bensì dei suoi genitori che ci hanno offerto un'ottima
cena a base di carne alla brace e con la tortilla più grande che io abbia mai visto. Il tutto in una casa rurale dalla quale si
vedevano le stelle nella parte alta di Icod de los Vinos.
Dopo tutti questi giri negli ultimi giorni, potete ben capire che oggi ho voglia di starmene un po' a casa a stendere il bucato e a iniziare a prepararmi psicologicamente e non solo al rientro al lavoro ;)
Comunque, oggi non ci siete solo voi a farmi compagnia perché stasera ho invitato un paio di amici a casa per vedere una partita di calcio che può essere molto importante per il futuro del Real Madrid e del suo allenatore Rafa Benitez.
Infatti, si può dire tranquilamente che il tecnico madridista si gioca il posto nella visita di oggi a Mestalla, lo stadio del Valencia. Staremo a vedere. In ogni caso, si prevede una gran bella partita.
E visto che parliamo di calcio, devo dirvi che l'anno nuovo è cominciato bene. Qualche minuto fa ho
scoperto di avere vinto quindici euro con la schedina!
So che non è molto, però è una gran bella soddisfazione per uno come me che ogni settimana ci gioca un euro più per passione nel calcio che per smania di diventare ricco. Comunque, incrociamo le dita sperando che la fortuna continui anche nell'estrazione della lotteria nazionale che avrà luogo tra tre giorni e se possibile, sarebbe bello che la vincita fosse un po' più cospicua;)
Visto che in questo blog, stiamo seguendo un ritmo cronologico inverso, vi starete chiedendo cosa ho fatto durante la prima parte delle feste e nella prima parte del mese. In realtà, molto poco.
Dicembre, almeno fino al ventidue, è stato un mese di intenso lavoro e negli ultimi giorni dell'anno scorso ho soprattutto riposato e visto un bel po' di film sia a casa che al cinema.
Tra gli altri, vi consiglio "Ocho apellidos catalanes", sequel della fortunatissima "Ocho apellidos vascos"
che aveva ricevuto l'anno scorso un successo incredibile ai botteghini di tutta la Spagna.
Si tratta di due commedie sullo stile di "Benvenuti al Sud" o "Benvenuti al Nord" che giocano sugli
stereotipi esistenti sui caratteri degli abitanti delle diverse regioni del paese.
Il film mi è sembrato molto divertente anche se non tanto come il primo perché sapete come si dice,
no? Il primo panino è sempre il più buono;)
Cinema a parte, ho approfittato del tempo libero per fare un po' di mare e per visitare alcuni amici che non vedevo da tempo. In molti casi queste due attività andavano in contemporanea tanto che ho passato quasi più tempo nel sud dell'isola che a La Laguna ;)
Per quanto riguarda gli amici, tra gli altri, ho rivisto Dionisio, un mio vecchio compagno di appartamento venezuelano, che mi ha raccontato delle sue due settimane di vacanza in Italia nel mese di dicembre.
È stato a Bologna, Firenze, Venezia, Torino e Milano e si è divertito molto ed anche per me è stato molto interessante sentire parlare del mio paese da un mio amico che l'ha vissuto da turista. Inoltre, mi ha portato i saluti di un sacco di amici in comune che abbiamo in quelle città e mi ha raccontato un po' di loro e delle loro vite.
E io continuerò a parlarvi della mia a fine mese nel prossimo blog, nel quale vi parlerò di un'altra visita speciale che riceverò nei prossimi giorni. Curiosi, eh?
Un abbraccio e un'altra volta buon 2016 a tutti, belli e brutti!!!
Nico
(Grazie Nico e tanti Auguri de un bellissimo 2016!)
Toulouse Lautrec a Palazzo Blu per S. Lucarelli
Toulouse Lautrec a Palazzo Blu, collaborazione de la Dtt.sa. S. Lucarelli nelle ultime settimane della mostra a Pisa...
Un grafismo di slancio (voul au vent), una intonazione paradigmatica, una sciarada, la dove si unisce la
vita con il sogno.
Forse c'è una spunta di grafismo orfico, quando si naviga nella Parigi di fine secolo, piena di sogni per il
futuro.
L'Orfeo è un piccolo uomo: Henri che intraprende il suo viaggio ed esplora ; uno scandagliatore di un mondo incantato, quello che prcede la „Belle Epoque".
Da non sottovalutare anche l'aspetto della „Tenebra" in cui si muovono, nella notte parigina , le
„figlie della gioia" ed i „clienti" con loro.
Un dinamismo formale ed intuitivo da ricondurre alle linee esistenziali ed essenziali di un colore,
finalizzato a creare uno stato di movimiento.
I colori essenciali e puri, il segno che crea l' estetica semantica, che scrive e d-escrive il soggetto fine a se stesso. È un élan vital (slancio vitale).
Delineatore e persecutore degli attimi fluidi, navigante in un contesto di confine, tra ilvecchio ed il
nuovo secolo, Henri muore nel 1901 all'età di 37 anni.
Pochi, anzi pochissimi per pronosticare se, ppiu tardi, avesse potuto aderire al futurismo.
Dove avrebberonpotuto portarloni contatti conn Apollinare?
Probabilmente nei punti chiave della scomposizione della luce, da Seurat, a Picasso, a Boccioni.
L'affiche poteva essere il punto di partenza anche dei Fauves, ma la morte di Toulouse Lautrec si pose come l'interruzione della correbte creativa. Eppure...penso sempre ad Henri come ad uno „spartiacque", un „Mosé" della pittura e del seglio che dilata ed apre il „mare magnum" dei movimenti artistici, nati dopo la sua scomparsa, che da l'ispirazione ai posteri per la modernità degli stili sucessivi.
Quella linea cosi pulita, netta, è totalmente incisiva da condurci, come in una sorta di „fil-rouge", tra tocchi di colore gialli, rossi, blu, fino ai quadrati di Mondrian.
Proiezione autentiche, come quelle cui ci troviamo di fronte, che riproducono la „Villa Lumiere", con pellicole originali dell'epoca.
Come se, da quelli schermi, se aprisse una porta nel passato, e noi, catapultati da una sorta di macchina
dil tempo, riviviamo le atmosfere, i brividi, le emozione di oltre un secolo fa.
La gente che passeggia per i boulevards, la Tour Eiffel in costruzione, poco prima dell'esposizione
Universale.
Un altra „Expo" abbiamo visuto oggi, ma nonsotante tutto il „fil-rouge" continua ad unirci ancora, senza soluzione di continuità tra un secolo e l'altro.
E lui, Henri, il piccolo-grande uomo, il gigante delle intuizione, un dolore turchese ci affida: dolce, delicato, estivo, una percezione estensiva, come una carezza nostalgica.
Con le lettere del nome Henri di Toulouse Lautrec ho povato , anagrammando, a comporre frasi diverse; ne è nato questo resultato, quasi una poesia:
„Or lui che duol resta tenue
lui a te un dolore turchese...
sei lutto e re che urla nudo"
Quanta forza emotiva e quanta regale dolcezza!
Sandra Lucarelli
Novembre 2015 Pisa
"Migrantes", a propósito de Flaviano Bianchini
Clandestino verso il sogno americano
Due giorni di galera in un luogo sconosciuto, un numero indefinito di assalti da parte di bande criminali e "legali". E poi la fame, il freddo, il caldo, la sete, la foresta, le montagne, il deserto e un muro da superare, da abbattere. Ma anche la solidarietà e l'amicizia di un popolo straordinario e di compagni di viaggio che, come lui, cercano il sogno americano. Grazie alla sua lunga esperienza in America Latina, Flaviano Bianchini si trasforma in Aymar Blanco e intraprende il viaggio che migliaia di persone affrontano ogni giorno per raggiungere quel sogno effimero che è al di là del muro.
Flaviano Bianchini si è laureato in Scienze e Tecnologie per l'Ambiente e la Natura e ha conseguito un master in Diritti umani e gestione dei conflitti presso la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa.
Dopo aver lavorato nel campo dell'educazione ambientale, dal 2005 si occupa di cooperazione
internazionale e diritti umani principalmente in America Latina. Nel 2007, in collaborazione con
Amnesty International, ha promosso una campagna sulle violazioni dei diritti umani legate
all'estrazione mineraria.
È referente dell'area tematica sull'America Latina di Peacelink (www.peacelink.it).
Appassionato di viaggi, e di montagna in particolare, ha visitato molti Paesi e percorso una ventina di catene montuose, tra cui il Karakorum in Pakistan. Nel 2009 un suo racconto, "Con il sole in faccia", è stato selezionato dalla giuria del premio Chatwin per la pubblicazione. Nel 2010 "In Tibet. Un viaggio clandestino", pubblicato con BFS edizioni, ha ricevuto la menzione speciale del Premio Chatwin "Viaggi di carta", miglior libro di viaggio dell'anno.
Verso il sogno americano Migrantes, Flaviano Bianchini nei panni di un clandestino dal Guatemala all'Arizona In 21 lunghissimi giorni Bianchini, "uno a cui, quando distribuivano le fortune della vita, è capitata una delle migliori: un passaporto con su scritto Unione Europea - Repubblica italiana", diventa Aymar Blanco, uno dei tanti migranti che sognano una vita diversa, e che affronta il viaggio attraverso la rotta del Messico.
Clandestino attraverso il Messico, verso il sogno americano
15mila persone sequestrate in un anno. Un quarto di loro è desaparecido. Sei donne su dieci violentate.
Tra i 50mila e i 100 mila morti negli ultimi 15 anni. Un morto ogni due giorni solo sul muro della vergogna.
Sono alcuni numeri del massacro dei migranti che dal Sud America tentano di attraversare il Messico per
raggiungere gli Stati Uniti. Fuggono da città in preda a bande criminali, dove ci sono 30 o 40 omicidi al
giorno, da povertà ed esclusione sociale.
Flaviano Bianchini, 33 anni, ambientalista e attivista per i diritti umani fondatore della Ong Source International, si è finto uno di loro per raccontare dall'interno la rotta che dal Guatemala porta al sogno americano. Ne è nato "Migrantes.
Clandestino verso il sogno americano", Bfs edizioni. In cui il racconto del protagonista, migrante tra i migranti, si intreccia, sdoppia e differenzia con quello del narratore Bianchini. (Le foto dei migranti scomparsi, presentati dalla Search Commission for Missing Hondurans alla Casa del Migrante in Arriaga, Chiapas) Bianchini, da "italiano. Protetto. Fortunato" diventa così Aymar Blanco, un peruviano di origini basche "senza scudi né protezioni", che sogna un lavoro negli States.
Un clandestino lontano dalla società dell'informazione di Internet, ipad, mobile: "Se loro non sanno non so neanche io".
A bordo della Bestia, il treno della morte Inizia così il viaggio di Aymar, con uno zainetto che contiene l'essenziale, acqua, biscotti, spazzolino e carta igienica, e i soldi nascosti nelle mutande. Ventuno lunghissimi giorni, mezzo di trasporto principale: la Bestia, il nome che viene dato ai treni della morte, dove si viaggia sul tetto o tra i vagoni, costretti a restare svegli (una delle regole del migrante, forse l'unica che Bianchini-Blanco non infrangerà mai) e pronti a saltare giù se il treno venisse fermato da bande paramilitari, narcotrafficanti o dalla polizia messicana, a cui spesso i migranti vengono venduti da chi guida il treno. Perché "le merci e le risorse possono migrare.
Sono le persone che non possono farlo". Il nord del mondo si arricchisce dei prodotti, dei lavorati, delle materie prime del Sud del mondo, ma impedisce alle persone, nate casualmente nel posto sbagliato, di trasferirsi dove le condizioni di vita sono migliori: "Abbiamo globalizzato le merci, non le persone". (Migranti saltano sulla Bestia, il treno che attraversa il Messico) Quel dio sconosciuto "I migranti li ha dimenticati pure dio":
nel viaggio ognuno è solo e pensa a sé, in alcune situazioni si diventa avversari, in altre il
destino del singolo è legato a quello di tutti gli altri. "Nessuno parla con nessuno" eppure
"tutti sono alla costante ricerca di compagnia". Sul volto la stessa espressione, come un
marchio di fabbrica: "il volto di chi non ha nulla da perdere perché ha già perso tutto",
con un barlume di speranza misto a tristezza e stanchezza.
"Ritorniamo animali affamati, assetati, spaventati" Sottoposti alle intemperie, al freddo, al caldo torrido, alla scarsità di cibo e acqua, sporchi e con i vestiti sempre più logori, con le scarpe buone per tutte le stagioni (Aymar dovrà vedersela con la suola tagliata da un poliziotto), i migranti per un verso si abbrutiscono: "Ritorniamo bestie e come tali ci comportiamo".
Ma a colpire Aymar e la sua "anima" occidentale è la riscoperta del valore di cose essenziali, che troppo spesso nel Vecchio Continente diamo per scontate: "A volte ci si dimentica di che cosa meravigliosa è l'acqua".
Il muro tra Messico e Stati Uniti
Le contraddizioni del Messico, tra narcotrafficanti e solidarietà Nel viaggio uno dei pericoli maggiori è l'assalto di bande paramilitari, come Los Zetas, di gang di narcotrafficanti, poliziotti corrotti o dei minutemen americani, fanatici nazionalisti pronti a sparare a vista contro chi oltrepassa la frontiera. Aymar, insieme a un gruppo di migranti, conosce il carcere, i maltrattamenti e i furti dei poliziotti. Non c'è rispetto per nessuno, donne incinte, anziani e ragazzi sono "carne da macello, di pessima qualità".
Eppure tra tante violenze non mancano toccanti momenti di soldarietà da parte dei più poveri verso chi forse è ancora più sfortunato di loro: c'è chi avvicina il treno con acqua e tortillas e chi divide con i migranti le sue povere cose. (L'arresto di alcuni leader dei Los Zetas, "I talebani") I sogni americani non bastano per tutti Sono tante le storie che emergono nel racconto di Bianchini/Blanco. Il sogno di una vita diversa, di un lavoro redditizio, di diventare ricchi e portare negli Usa la famiglia. Di far nascere il proprio figlio in territorio americano, a costo di sottoporsi al viaggio infernale all'ottavo mese di gravidanza. Ma "andare negli Stati Uniti significa solo passare da una forma di sfruttamento a un'altra".
E' il narratore Bianchini a spiegare che la stragrande maggioranza dei migranti si ritrova a lavorare
nell'agricoltura, per salari da fame, negli slums, "per un padrone che parla un'altra lingua e che si
reputa parte del paese più civilizzato e democratico del mondo". Quello stesso Paese che trasferisce
in Messico la lavorazione di sostanze tossiche e pericolose per l'uomo e l'ambiente, che vengono
lavorate da aziende che non sono sottoposte a normative ambientali, per importare poi i prodotti finiti, e lasciare gli scarti, i
rifiuti, e tutti i rischi, nel Paese vicino, "non di sicuro in discariche ben gestite e controllate".
"Le differenze tra come vivono i migranti oggi - chiosa Bianchini - e come vivevano gli schiavi centocinquanta anni fa sono davvero minime". Attraverso il deserto del Sonora Negli ultimi giorni del viaggio Aymar e altri 23 clandestini attraversano, con una guida locale, il terribile deserto del Sonora. Arriveranno in 20 a Tucson, in Arizona, meta finale, o quasi, del percorso.
"Migrantes" è così una testimonianza dal punto di vista dei migranti di cosa significa avere il coraggio di affermare il diritto a una vita migliore. Un J'accuse. Un tentativo di scuotere le coscienze di noi fortunati verso i migranti del Sud del Mondo, in fuga dalla Siria, dai Paesi africani così come dal Sud America: "Provate voi a vivere in un posto dove piovono bombe a ogni ora, dove decine di persone muoiono ogni giorno, dove le case vengono distrutte, dove la tua famiglia potrebbe sparire da un momento all'altro...perché è meglio morire in mare cercando un futuro, che non morire sotto una bomba che rappresenta il passato".
(texto de la presentación; resúmen y adaptación por la Redacción del Blog)