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REGISTRO DE OBRAS

Palazzo Franchetti, por M. Giraldo

Situado entre el Lungarno y la via San Martino, os presentamos un resumen del interesante articulo de M. Giraldo sobre el Palazzo Franchetti que alberga las oficinas del Fiume e Fossi en Pisa...

La sede del Conzorzio dei Fiumi e Fossi sira tra Lungarno Galilei e via San Martino, vanta un'illustre storia che è giunta a maturazione nella forma attuale quando, diventata proprietà dell'autorevole casata ebraica livornese i Franchetti, ne fu affidata la ristrutturazione all'architetto Alessandro Gherardesca.


Il palazzo prima di divenire dei Franchetti, e assumere l'attuale veste ottocentesca, aveva subito unaFRANCHETTI 1

serie di trasformazioni nei secoli. Infatti era il prodotto dell'aggregazione di due palazzi

cinquecenteschi, prima case-torri, appartenuti rispettivamente ai Lanfranchi 1 e ai del Torto.

Nel XVI secolo il patriziato pisano per manifestare la propria ricchezza, potenza e cultura, dava nuova forma decorosa e anche più preziosa alle proprie abitazioni, che, a differenza delle "fabbriche" precedenti, risultato di aggregazioni poco uniformi, si caratterizzavano ora per una chiara individualità e per un modello omogeneo che veniva sempre seguito.

Era necessario anche tener presente il forte vincolo costituito dalle preesistenti strutture medievali, e la scarsa disponibilità di risorse dei committenti pisani. Ecco perché gli interventi erano parziali e per lo più "volti all'abbellimento"; ed è proprio su questo elemento che l'ultima erede dei del Torto rivolse la propria attenzione.


La prima attestazione dell'esistenza di due residenze nobiliari risale al 1589, da un atto notarile in cui Nanna di Michelangelo da Forcoli, vedova di Ranieri del Torto, acquista una «casa solariata a tre solai con chiostro, due terrazzi e altre sue pertinenze» posta tra via San Martino e vicolo del Torti, confinante con la dimora di Curtio Lanfranchi 3.


I del Torto, originari di Lari, erano dei pellicciai che avevano assunto straordinario rilievo nel XV FRANCHETTI 2

secolo grazie ai profitti ricavati dalle attività mercantili. A Nanna vedova del Torto, proprietaria

del palazzo in via San Martino, si deve la costruzione nel 1591 del cavalcavia sopra il chiasso

del Torti, che serviva per collegare la sua dimora a quella del Pontolmo.

Tale cavalcavia, caratterizzato da un arco a volterranea, è tutt'oggi esistente, e rappresenta il limite tra la proprietà dei Fiumi e Fossi e quella dei dal Borgo, oltre il vicolo.

 Nelle note delle spese, risalenti al 25 marzo 1595, la vedova annotava di aver terminato la facciata del suo palazzo su via San Martino e di aver fatto realizzare a uno scalpellino cinque finestre al terzo piano, tre al centro, quattro mezzanini e altre quattro finestre al primo piano, per una spesa complessiva di circa seicento scudi. 

(...) La facciata, come veniva descritta nel 1595, differiva da quella attuale in cui solo le aperture del terzo piano si sono conservate nel numero, nella forma e nella cornice di rifinitura in pietra serena. La pietra serena era l'elemento caratterizzante dell'architettura pisana nel XVI secolo che, non ancora sensibile alla moda delle facciate decorate a
graffito, si distingueva per la raffinata sobrietà del rapporto tra i pochi elementi decorativi in pietra o in marmo e l'uniformità dell'intonaco.


L'assenza, sulla facciata, di una perfetta simmetria, speculare rispetto all'asse verticale centrale,       FRANCHETTI 3

confermava la presenza di vincoli di strutture preesistenti. Il palazzo rimase di proprietà della famiglia del Torto fino al 1818, a tale data risultava composto da «tre piani con mezzanini, un terrazzo sopra al tetto, la stalla, la rimessa e il chiostro con fonte, pozzo e pila». Un braccio di fabbrica univa, all'altezza del primo piano, il palazzo del Torto con quello della famiglia dal Borgo, separati dal vicolo del Torti con una volta a botte, che sosteneva la struttura.

A causa di gravi problemi economici e ingenti ipoteche l'ultima erede del Torto, Anna del Torto del Mosca, alienava il palazzo alla famiglia Della Fanteria.

(...) Il palazzo di Curtio Lanfranchi, situato tra via San Martino e il Lungarno, testimoniava in pieno la volontà del proprietario di trasformare la sua antica residenza, frutto probabilmente dell'unione di due case-torri, in una dimora di rappresentanza.

Un edificio a tre piani fuori terra, con due mezzanini, e un seminterrato, costituito da una serie di ambienti coperti con volte a mattoni. Perfetto era l'equilibrio tra i pieni e i vuoti, con sette aperture che si ripetevano in tutti e tre i piani, e le ornamentazioni della pietra serena fiorentina, che scandivano i contorni delle aperture in modo da alleggerirne i profili fino alla sommità dell'edificio. Timpani semicircolari spezzati riquadravano in alto le aperture, accogliendo sopra la porta lo stemma de Lanfranchi, e sulle finestre due anfore.


La famiglia Lanfranchi commissionò ad Agostino Ghirlanda le decorazioni interne della volta della sala al pian terreno e di quella al piano nobile, raffiguranti rispettivamente il Bagno delle Ninfe e l'Olimpo con gli Dei.

Anche le grottesche che decoravano le volte delle scale principali erano di pregevole fattura, testimonianza di come le famiglie pisane, nel XVI secolo, intendevano adeguarsi, pure negli interni, alla magnificenza e al decoro dei più prestigiosi palazzi fiorentini. Curtio Lanfranchi non risiedeva nel palazzo, ma ne deteneva solo la proprietà in quanto nel 1589 imponeva il pagamento di un affitto di scudi centoventi ai residenti della sua dimora.

Nel XVII secolo il palazzo veniva alienato più volte e addirittura contemporaneamente a Antonio Pallavicino di Genova e a Valerio e Camillo Campiglia, per passare poi nel 1629 ai Pucciardi.

Ma il fallimento di quest'ultimi decretava l'alienazione del palazzo al pubblico incanto. Se ne aggiudicò FRANCHETTI 4

l'acquisto Antonio Campiglia, che iniziò una lunga controversia con il "proprietario" genovese. Agli inizi del XVIII secolo il palazzo diventava sede della magistratura dei Consoli del Mare. In una descrizione dell'epoca risultava costituito da «due piani con mezzanini intermedi, cortile, orto, fonte, pozzo, pila, stalla e rimessa, e duplice ingresso da via San Martino e da Lungarno», confinante a levante con vicolo Mozzo detto dei Consoli e con il palazzo di Battista e Antonio del Torto, e a ponente con la Prioria di San Sepolcro.

Alienato nel 1784 prima alla famiglia Balbiani, e successivamente a Giovanni e Felice Galli. Il  lotto nel quale sarebbe sorto il palazzo Franchetti, compreso tra Lungarno a nord, vicolo del Torti a est, via San Martino a sud, le proprietà della Prioria di San Sepolcro a ovest, risultava nel 1783, suddiviso in tre distinte proprietà: i Consoli del Mare, i del Torto e Antonio Mannaioni.

Antonio Mannaioni Inghirlani, nel 1783 possedeva due case in cura di San Martino in Kinzica, confinanti con il Lungarno e con il vicolo del Torti. Una era a due piani, con pozzo e pila, e rimaneva sul retro di un piaggioncino in cui si trovavano trentacinque buche per il grano. L'intera proprietà, piaggione e casa, confinava a nord con via Lungarno, a ovest con vicolo Mozzo detto dei Consoli, a sud con il Cavalier Giovanni Battista e Antonio del Torto, infine a est con vicolo detto del Torti.

L'altra casa di sua proprietà a due piani con terrazzino, orto, fonte, pozzo, pila, rimessa e stalla, sempre sul Lungarno, era separata dalla precedente dal vicolo del Torti, e confinava con il palazzo dei dal Borgo, e col vicolo dal Borgo.
Ad Antonio Mannaioni Inghirlani, succedeva nel 1818 Ferdinando Sbrana, che stipulava un contratto con una duplice servitù «altius non tollendi et nec prospectui nec luminibus officiatur» a favore di Flaminio dal Borgo, per la casa di propria  abitazione posta su via San Martino e confinante con il vicolo del Torti. Tale "servitù" consisteva nella promessa da parte di Ferdinando Sbrana e dei suoi futuri eredi, di non innalzare i muri che cingevano il piaggioncino e di non edificare niente
sullo stesso, inoltre questa sarebbe rimasta in vigore fino a quando fossero esistiti eredi dal Borgo, come confinanti con la di lui proprietà. (...)

Intanto nei primi decenni del 1800 i Franchetti, negozianti ebrei residenti a Livorno, acquistavano una FRANCHETTI 6

serie di beni immobiliari, con l'obiettivo di dimostrare le loro disponibilità economiche e il livello di 

ricchezza da loro raggiunto, non solo a Livorno, ma anche nella vicina Pisa, dove in quegli anni era

possibile acquistare signorili abitazioni nel centro storico a buon prezzo, dotate di giardini, corti, e fontane.

La pianta della città redatta dall'ingegnere Niccolaio Stassi, con l'elenco delle fonti d'acqua pubbliche e private, mostrava che una di esse confluiva proprio nel giardino del palazzo già dei Consoli del Mare, allora dei Galli acquistato poi dai Franchetti.

Abram e Isach del fu Raimondo Franchetti, animati dalla volontà di possedere uno dei più bei palazzi pisani, che era stato un tempo sede del potere economico e simbolo di rappresentanza della Dominante nel territorio toscano, trovarono in questa una dimora, avente un dupliceaffaccio, uno sul Lungarno e l'altro su via San Martino, proprio quello che cercavano.

Agli inizi del XIX secolo quando i Franchetti proposero di realizzare il loro progetto di riunificazione, la proprietà risultava frazionata tra i Galli proprietari dell'ex palazzo dei Consoli del Mare, molto noto per gli affreschi del Ghirlanda; i della  Fanteria, che avevano su via San Martino il palazzo già della famiglia del Torto; la casa d'abitazione e il piaggione di Sbrana, e infine il vicolo Mozzo detto dei Consoli che separava le proprietà Galli-Sbrana. I due fratelli Franchetti iniziavano il loro
progetto nel 1833, acquistando per primo l'ex palazzo già dei Consoli del Mare. Questo era costituito da cantine sotterranee coperte con volte reali, dal piano terra, dal primo piano, da un mezzanino intermedio, e da un secondo piano con soffitti a palco e a volterranea.

La porta d'ingresso del palazzo era sovrastata da un'arme con mascherone e due teste di montone, FRANCHETTI 7

che a quanto si diceva era di «illustre scalpello». Aveva inoltre un cortile con una fontana, il giardino

chiuso tra da due muri alti quaranta pertiche, di grande significato sociale a quel tempo, e un

capannone, con accesso da Lungarno, in cui erano conservati i vasi per gli aranci o i limoni.

Con l'atto del 13 febbraio 1833, Abramo e Isach Franchetti, acquistavano da Ferdinando Sbrana la casa d'abitazione con ingresso su vicolo del Torti, e il piaggione posto sul lato nord confinante col Lungarno La zona dove sorgeva il piaggione era rimasta da secoli non edificata perché, secondo la tradizione era l'area dove un tempo si trovava il palazzo del conte Ugolino della Gherardesca, raso al suolo nel 1288 in occasione della condanna del conte.

L'atto notarile del 1833, che sanciva il passaggio di proprietà da Sbrana a Franchetti, ricordava quell'evento precisando che, secondo la leggenda, quell'edificio sarebbe stato demolito «con l'apposizione solita del sale».

Qualche tempo dopo i due fratelli Franchetti completavano il loro progetto acquistando l'ex-palazzo del Torto, dai della Fanteria a cui era passato nel 1833, e il vicolo Mozzo detto dei Consoli, dal Comune. Il vicolo aveva avuto fino ad allora come unica funzione quella di dare accesso alle case d'abitazione Balbiani, Sbrana e della Fanteria, ma avendo i Franchetti riunite le suddette proprietà, non aveva più ragione di esistere. (...)

Tutti questi edifici di cui Abramo e Isach risultavano proprietari nel 1833 erano talmente dissimili tra loro che la realizzazione di un complesso unitario sarebbe stata possibile solo grazie a un progetto architettonico finalizzato a valorizzare e armonizzare le singole parti.  A questo scopo i Franchetti si avvalsero di uno dei più rinomati architetti pisani del tempo, Alessandro Gherardesca, che con un progetto organico riunificò i due palazzi con fronte su via San Martino e inserì due ali
sporgenti a forma di cavallo protese sul Lungarno. Eliminò così il piaggione, demolì la casa Sbrana, di scarso valore architettonico, così come la limonaia sita su Lungarno, e creò un grande giardino arricchito con piante di diverso genere.


Il progetto di Alessandro Gherardesca Alessandro Gherardesca nel 1838 ebbe l'incarico di coadiuvare l'ingegnere Gaetano Becherucci nella ricerca di una nuova sede per il Tribunale civile, che a seguito del motuproprio granducale del 1838 era stato completamente riformato. Da un unico Tribunale civile vennero fondati tre distinti istituti, il Tribunale criminale per i reati lievi, il Tribunale di prima Istanza per le pene fino all'esilio compartimentale, e la Corte Regia di Firenze per i reati più gravi.

Nasceva quindi la necessità di una nuova e ampia sede per accogliere le nuove istituzioni, essendo quella antica, posta in piazza dei Cavalieri 24 non più sufficientemente ampia, furono così vagliati diversi palazzi pubblici, ma non ne venne rintracciato uno che avesse le caratteristiche esplicitamente richieste dalla Camera di Soprintendenza comunitativa, nominata responsabile dell'intervento; si passò quindi a esaminare i palazzi privati. Tra le numerosi sedi proposte vi furono il convento di Sant'Anna, il palazzo Silvatici, il palazzo Poschi, la chiesa di San Sebastiano con le confinanti abitazioni e il palazzo Franchetti, posto in una felice posizione tra Lungarno e via San Martino (...).

Il palazzo Franchetti, essendo il risultato dell'accorpamento di due dimore, quelle delle famiglie         FRANCHETTI 8Galli e Della Fanteria, presentava delle incongruenze architettoniche e dei dislivelli nei piani di calpestio, ben visibili da via San Martino, per questo motivo la realizzazione della seconda sala per le pubbliche Udienze Civili, da ricavarsi nell'antica casa dei della Fanteria, avrebbe comportato ingenti modifiche strutturali. (...)

I dal Borgo, con la stipulazione della «servitù altius non tollendi et nec prospectui nec luminibus officiatur», dal 1818 erano riusciti a mantenere inalterata la visuale che godevano sul Lungarno, nonostante la presenza di palazzo Carmignani e la casa con piaggioncino di Sbrana. 

Flaminio dal Borgo e i suoi eredi avevano imposto il pagamento di lire diecimila, nel caso in cui i proprietari di dette dimore non avessero rispettato la "servitù di prospetto e di luce", rialzando i muri di confine o collocando alberi nel piaggioncino.

Tale istanza ipotecaria veniva definita "continua e perpetua", fino a quando i dal Borgo avrebbero mantenuto in detto luogo la propria residenza.Nel 1888 Elisa figlia di Abramo Franchetti rinunciava a tutti i diritti dil palazzo in via San Martino, proprietà famigliare dal 1833, e lo cedeva a Vincenzo Ciampolini, ricco imprenditore fiorentino che affittava separatamente

i diversi locali del grande palazzo, composto da una stanza nel sotterraneo, quattordici vani al piano terreno, sette nel mezzanino, diciassette al primo piano, sedici al secondo, e due al terzo.

Uno dei primi locatori del palazzo fu il dott. Felice Bocci, direttore del Consorzio di Fiumi e Fossi,  FIUMEFOSSI 2che già nel 1899 vi si era insediato. (...). Nel 1908 il proprietario iniziava trattative di vendita dell'intero immobile col Consorzio dei Fiumi e Fossi, a eccezione degli affreschi che sarebbero stati asportati a spese e del venditore e che avrebbe altresì provveduto a far realizzare una nuova decorazione nel salone in base ai desideri dell'acquirente dei dipinti. (...)

Il nuovo presidente del Consorzio, il conte Giovanni Tadini Buoninsegni, resosi conto del cattivo stato di FRANCHETTI 5

conservazione delle decorazioni del palazzo dapprima denunciò alla Soprintendenza lo stato

di degrado nel quale si presentavano gli affreschi, poi presentò un preventivo di spesa per il loro restauro stilato dal restauratore Walter Benelli nel 1973. Solo nel 1981 la Soprintendenza intervenne sugli affreschi della volta della prima rampa di scale, raffiguranti scene di amore e caccia di Diana e Atteone. Recenti saggi effettuati sulle pareti dello stabile, hanno riportato alla luce decorazioni, celate da successive ridipinture (...)

 I diversi lavori che si sono susseguiti negli anni, per riparare gli ingenti danni causati dallo scoppio di mine nel 1944, hanno prodotto una trasformazione radicale della sede, un cambiamento d'uso che ha visto una nobile residenza ottocentesca divenire sede di uffici e appartamenti.

Il palazzo Franchetti, sede attuale del Consorzio dei Fiumi e Fossi, ha un alto valore FIUMEFOSSI 1

rappresentativo dal punto di vista architettonico e decorativo, in quanto conserva le pitture del Ghirlanda, autorevole artista seicentesco, e le decorazioni a grottesche, raro esempio di ornamentazione cinquecentesca in Pisa.

(Fonte: "Palazzo Franccheti, una dimora sul Lungarno pisano", marzo 2012. www.ufficiofiumefossi.it)

Foto: della rete, diversi siti on line

 

La Laguna (40) per N.Cataldo

VERSIONE SPAGNOLA

Ciao a tutti!
Come va? Qui tutto ok, nonostante la resaca, overo i postumi della divertentissima serata di ieri della quale vi parlerò più avanti. Perché, invece, voglio cominciare, o riprendere, da dove vi avevo lasciati un mesetto fa.

Dovete sapere che prima di scrivere un blog, leggo sempre l'ultimo per ricordare un po' com'era stato 014

il mese precedente. E allora, come si dice nei film, "dov'eravamo rimasti?" Il blog si chiudeva con la

promessa di una visita speciale e mi sembra arrivato il momento di dirvi che si trattava di Sylvia, una

mia ex studentessa, ma soprattutto la persona che mi ha convinto a iniziare a scrivere questo blog

più di tre anni or sono e grazie alla quale ho scoperto il piacere della scrittura.

A volte mi capita di rileggere anche blog più vecchi, per esempio qualcuno dell'anno scorso o di due anni fa e devo ammettere che è come mettersi un po' in modalità "Caro Diario".


Tornando a Sylvia, ci siamo conosciuti in quello che è stato il mio primo anno e il suo ultimo qui a Tenerife. È stata mia studentessa presso la Escuela de Idiomas nell'anno accademico 2007/2008 e poi ha deciso di trasferirsi a Pisa. Nonostante la distanza siamo rimasti in contatto nei primi anni, ma soprattutto da quando tre anni fa abbiamo intrapreso questa avventura del blog.

Devo ammettere che all'inizio non sapevo esattamente cosa scrivere o se il blog sarebbe risultato  CHOCOLATES 2

interessante, ma, a quanto pare, lo seguono ogni mese circa ottocento persone delle quali, secondo

Sylvia, la maggioranza sono donne. Non posso negare che questi numeri e il seguito femminile mi

facciano davvero piacere, anche se quando me l'ha detto ne sono rimasto sorpreso. E io che pensavo

di parlare esageratamente di calcio;)

Ma veniamo a questa visita speciale. La curatrice e traduttrice del blog, non è venuta da sola, ma con la sua famiglia internazionale. Lei, sua sorella e la loro madre con tre passaporti di tre nazionalità diverse: spagnolo per Sylvia, svizzero per sua sorella e peruviano per la madre. Mi immagino la faccia del Guardia Civil all'aeroporto quando ha visto arrivare questa famiglia internazionale;)


Causa lavoro mio e poca permanenza sull'isola loro, ci siamo visti solo una volta, ma è stata una   teide002

giornata speciale. Siamo, infatti, andati a rendere omaggio al Padre Teide che anch'io non visitavo

da un bel po', visto che ormai ci vado solo quando viene gente in visita.

Nonostante abbia visitato il Parco Nazionale del Teide molte volte, non smette di meravigliarmi la sua bellezza e imponenza. È uno di quei paesaggi che ti infondono una grande calma e rimettono tutto in proporzione, nel senso che ti ricordano quanto sei piccolo rispetto alla maestosità della natura.

La stessa cosa mi sucede quando vedo l'enorme distesa d'acqua che circonda questa isoletta belissima e fortunata. E allora, se quando vedo l'oceano non posso evitare di sorridere, quando vedo il Teide da qualsiasi punto dell'isola non posso fare a meno di alzare la mano e dire "Hola Papà!"

Sarà per tutta queste poesia che mi seguono le mie fan? Buongustaie! ;) Dopo il Teide, siamo scesi in  GUACHAPP

direzione Puerto de la Cruz e abbiamo pranzato in un guachinche a Santa Ursula. Quindi,

considerando anche il barraquito che ci siamo presi in calle La Carrera a La Laguna prima di salire a

2200 metri, si può dire che ho passato una bella e completa giornata canaria in piacevolissima compagnia.


Cambiando tema (ma neanche tanto), un'altra bella serata l'ho passata a Las Galletas, nel sud dell'isola, a cena (guarda un po') in un ristorante peruviano;) Si trova dall'altra parte dell'isola a una settantina di chilometri de La Laguna, ma è buonissimo e allora ogni volta che per qualche motivo mi trovo da quelle parti, ci faccio volentieri una capatina.

 

In quest'occasione, io e Rodrigo, eravamo andati a prendere la nostra amica Elena che arrivava all' GALLETAS

aeroporto sud e da lì ci siamo diretti a Las Galletas dove con grande piacere le abbiamo offerto la

cena per darle il bentornata e per ringraziarla di averci lasciato per un paio di settimane "la piccola

Ferrari"... alla prossima sicuramente le offriremo anche un mojito... lei capirà;)

Un'altra bella esperienza dal punto di vista culinario l'ho vissuta sabato scorso quando sono andato a cenare in un ristorante africano in compagnia di vari amici tra cui Bill, un etiope che si aggiunge alla lista delle mie amicizie intercontinentali.

La possibilità di conoscere persone prevenienti da tutto il mondo è un'altra di quelle cose che mi piacciono tanto di quest'isola e, se puoi queste nuove conoscenze sono accompagnate da ottimi piatti etnici, anche meglio, no?


Per quanto riguarda il resto del mese, è stato contraddistinto da relax, molto cinema e (ahimé mie care fan;) un po' di calcio.

Ho visto vari film sia al cinema che in tv e tra questi vi consiglio soprattutto "Relatos salvajes", un  THEBIGSHORT

fantastico film argentino che ho visto in tv e "The big short". Quest'ultimo l'ho visto al cinema qui a

La Laguna in versione originale sottotitolata in spagnolo e mi è piaciuto davvero molto.

Il mio amico Pepe mi ha detto che anche in Italia è in questo periodo in sala e quindi non perdetevelo

assolutamente!

Spiega in modo interessante, divertente ed irriverente le cause dell'inizio della crisi del settore finanziario, economico ed immobiliare negli Stati Uniti che poi nel 2008 ha attraversato l'oceano per venire ad installarsi in Europa. Sono due ore ben investite. Datemi retta! Non ve ne pentirete.


Passando al calcio, e in attesa che a febbraio ricominci la Champions' League, si può ben dire che gennaio è stato un mese completo. Sono riuscito a giocare un paio di volte con gli amici, sono andato allo stadio e ho visto qualche bella partita in televisione. L'ultima proprio un paio d'ore fa.

Vi scrivo, infatti, nel tardo pomeriggio del penultimo giorno di questo mese e poco fa è terminata la partita Barça-Atleti. I blaugrana hanno vinto per due gol ad uno e in questo modo raggiungono un vantaggio considerevole proprio sulle due squadre di Madrid. Onore comunque all'Atletico che pur giocando buona parte dell'incontro in inferiorità numerica ha limitato i danni e ha quasi rischiato di pareggiare.

E giacché parliamo di calcio e prima si parlava del blog del mese passato nel quale scrivevo di un  ZIDANE

pericolante Rafa Benitez, non posso non parlarvi dell'effetto Zizou. Il nuovo allenatore del Real

Madrid sembra aver portato con il suo arrivo una ventata di ottimismo e di voglia di fare e di correre

un po' di più da parte dei giocatori. Staremo a vedere quando arriveranno partite più importanti.


Mi rimangono poche linee di questo blog e non vi ho ancora spiegato perché ho la resaca... ieri sera è iniziato tutto con un kebap dal nostro amico turco Samet, accompagnato da qualche birra. Il kebap, non Samet!;) E poi abbiamo passato la serata a ballare, tra un cicchetto e l'altro, nel blues bar. E

ra un bel po' che non facevo serata e devo ammettere che il giorno dopo diventa sempre più difficile con il passare degli anni, però era un'occasione speciale, la despedida de Rodrigo, e alla fine la cosa più importante è che abbiamo aggiunto altri divertentissimi ricordi alla nostra memoria di grupo unito ed affiatato. Che alla fine dei conti, si tratta di inseguire la felicità, no?


Un abbraccio e un gran sorriso,

Nico

 

EigenLab...por el Exploitpisa

Todos tenemos nuestra vena rebelde. Quien diga lo contrario niega el dicho: "la vaca no recuerda que fue ternera".

Así, sin juzgar a nadie, publicamos un resúmen de articulos del Exploit, agradeciendo al joven Antonio que nos proporcionó el sitio web y el material con la información (aquí resumida) y poster. Tenemos en la Redacción amplio respeto por la libertad de expresión; los jóvenes necesitan mostrar sus inquietudes y ganar experiencia de vida. Todos pasamos por ello, leed vosotros mismos la Version Española

EXPLOIT
"Exploit è un aula autogestita da studenti e studentesse dell'Università di Pisa: l'aula studio è libera 
e aperta a tutti, con gli

orari che vengono decisi di chi la vive (anche quando gli altri spazi studio "ufficiale" hanno già

MATEMATICAchiuso). Ci piace condividere i nostri saperi costruire de nuovi: per questo confrontiamo

continuamente i nostri studi e le nostre conoscenze, che spaziano in tutti gli ambiti.

Abbiamo creato una biblioteca con testi, didattici e non, appunti, e un archivio digitale di libri che

puoi stampare e rilegare nell'angolo stampa: in queste modo puoi contribuire al sapere colletivo e

sfuggire al ricatto dell'editoria/copisteria.


È insomma il posto ideale per mettere insieme una voglia di sapere senza confini e la spinta a disfarsi di una routine schiacciata tra libri e mensa: dopo un seminario autogestito puoi trovare qualcuno con cui socializzare durante la pausa-caffè nello spazio relax.


Tra le attività organizzate ci sono anche cineforum, aperitivi e spettacoli teatrali. Ad Exploit puoi evadere dalla routine e proporre le idee che pensi siano interessanti o utili per continuare a tenere vivo lo spazio.

EigenLab
Eigenlab è un hacklab, un'officina ribelle che fa propri e diffonde i concetti e le pratiche di autoformazione. HACKER

Quando si pensa alla parola „hacker" forse la prima cosa che viene in mente è l'immagine stereotipata del ragazzo pallido e magrolino che perde notti davanti ad uno schermo per fare

qualcosa di illegale o molesto.

L'hacking non è solo questo, è esplorazione della realtà virtuale e fisica, desiderio di conoscere,

creare e condividere. Essere un hacker vuol dire aver voglia di capire come funzionano le cose, scovare i meccanismi che regolano il mondo che ci circonda, non solo in ambito informatico.


Riuscire a riparare e utilizzare un vecchio computer al massimo delle sue possibilità; trasformare da rifiuto a oggetto funzionante una stampante che era stata programmata per „rompersi" dopo un certo numero di stampe, costruire una rete di comunicazione che sia libera e descentralizzata, e non soggetta a controllo e censura, discutere le tematiche ambientali e annalizzarle criticamente, fare un orto autogestito. Tutto ciò è hacking ed e aperto a tutti e tutte.


I proggetti di Eigenlab

Abbiamo creato il nostro orto urbano: l'eigenOrto.


È un orto autogestito completamente biologico e coltivato con semi di origine locale reperiti da PLANTITA

produttori della rete GAS e coltivatori locali.

Con esso lottiamo per una reale democrazia della terra, ritornando in prima persona alla gestione

localizzata della produzione del cibo.


Nel Laboratorio eigenWare recuperiamo vecchi pc ed altre apparecchiature elettroniche e li riutilizziamo per costruire i nostri server ed altri strumenti, come il compresore do-it yourself.

Inoltre ci autoformiamo e diffondiamo i saperi come possibile, condividendoli sul nostro wiki, o curando il centro-stampa allo spazio Exploit, oppure tenendo seminari, come fatto alla Settimana Scientifica del Liceo Dini di Pisa.


EigenNet è una rete wireless a maglia che stiamo costruendo a Pisa. A maglia significa che soui nodi hanno tutti la stessa importanza e sono amministrati dagli utenti stessi che fanno parte della comunità-rete.


La struttura è quindi orizzontale e non esiste un percorso preferenziale per i dati, rendendo quasi impossibile il controllo e la censura. Chiunque ha la possibilità di aggiungere un'antenna ed entrare a far parte della comunità, e accedere alla rete e a suoi servizi autogestiti, seguendo i principi della community.


Qualcosa del Genere
L'anno scorso abbiamo deciso, fondando „Qualcosa de (L)Genere", di aprire uno spazio di discussione che ci permettesse di parlare dei rapporti che esistono tra il governo delle vite e le espressioni della sessualità, i rapporti di potere tra i generi, il modo in cui questi diventino anche rapporti di forza economici.


Il femminismo, per noi, non è un modo per castigare il linguaggio e bacchetare chi dice parolacce, ma un modo per esplorare percorsi di liberazione individuali e colletivi, nel sesso come nel lavoro, perchè riapropriarci della creatività della nostra performance di genere ci sembra il modo migiore per gestire i nostri corpi e i nostri piaceri autonomamente.

Per questo abbiamo contestato i vari movimenti (...) che pretendono di legiferare nelle mutande degli altri (...) con tante e tanti in piazza che hanno manifestato il loro dissenso.


Siamo contro ogni chiusura identitaria: contro la categorizzazione rigida che ci vuole per tutta la vita etero, omo o bi-sex, uomini o donne, scelgliamo il queer come possibilità di re-invenzione continua dei nostri affetti, piacere, relazioni."

De: Exploit eigenLab 2015-16

LargoBruno 2 (davanti Matematica).
www.exploitpisa.org www.eigenlab.org

(Resúmen y traducción libre de la Redacción del Blog)

 

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