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REGISTRO DE OBRAS

Di grano, pane, spezie per navi e mercati per Dtt.ssa. R. Amico

VERSIONE SPAGNOLA

Gli uomini e i luoghi del cibo a Pisa dal Medioevo all'Età moderna

"D'una grande carestia di biada in Pisa.

Nell'anno milletrecientoquarantasette fue in Pisa grandissima charestia di biada, e cciò fu per tutta Toschana. E per la cità di Pisa si fecie cànove di pane, e molti poveri e gente forestiere venneno in Pisa per potere vivere. E non rimase in Pisa erbba viva che tutta si manggiò inffine all'ortica, e non rimase erba sopra la terra che non ssi manggiasse."

(Cronaca di Pisa. Archivio Roncioni 338).

Gran parte della vita umana si organizza intorno alla produzione e commercio del cibo.
Questa mostra sull'alimentazione nel territorio pisano, basata sui documenti dell' Archivio di Stato,CONTADINOMEDIOEVO

per la limitatezza degli spazi, è focalizzata solo su alcuni aspetti o momenti del rapporto di Pisa con

il cibo e alcuni dei luoghi di produzione e commercio di cui molto spesso si è occupato il potere

pubblico.

Abbondanza e carestia

Esponendo l'anonima Cronaca di Pisa del manoscritto Roncioni 338, abbiamo voluto portare l'attenzione non soltanto sui momenti di prosperità ma anche su quelli di grave crisi alimentare che toccarono la città nella sua storia, momenti che adesso è difficile persino immaginare. La carestia degli anni Quaranta del Trecento investì pesantemente non solo Pisa ma anche Firenze, l'intera Toscana ed altri paesi d'Italia. Lo stato di malnutrizione delle classi popolari preluse forse alla grande incidenza epidemica della peste del 1348.

Un altro stato di crisi cui si accenna nella mostra è quello dei contadini della Valdiserchio che, alla fine del Cinquecento, lamentavano di non avere da vivere e chiedevano al potere pubblico sussidi alimentari: grano e segale vennero distribuiti alle comunità dall'Abbondanza di Firenze che li acquistava sulle piazze in cui era possibile trovarli: i contadini, naturalmente, ricevevano i beni non in forma gratuita ma dietro pagamento.

La mostra si articola in una serie di sezioni che si prefiggono di fornire spunti di ulteriori ricerche:

Il Medioevo
In questa sezione trovano posto documenti del Trecento e del Quattrocento e alcuni degli statuti pisani: quelli del Comune e

quelli delle Arti o corporazioni. Tra questi ultimi è esposto il Breve dei tabernarii (1304-1305). I tabernari erano i venditori di

carne e macellatori di animali: molte delle loro botteghe erano concentrate negli spazi antistanti la chiesa di S. Michele in

TAVOLOMEDIOEVOBorgo, erano questi, i tabernarii del Ponte Vecchio, mentre altre botteghe si trovavano nella zona

del ponte Novo ed in Chizica.

L'Arte era governata da un organismo composto da 6 consoli che duravano in carica un anno. Il

Breve fissava le regole cui doveva attenersi l'associato, cercando di evitare la concorrenza e le

frodi.

Il Breve del Comune, invece, con il libro III De maleficiis, interviene a dettare norme per la repressione dei delitti che potevano esser commessi da mugnai, fornai, vinai, in particolare frodi sul peso o sulla consistenza e qualità dei prodotti alimentari.

Il Breve dell'Arte degli speziari, miniato e ridondante d'oro, con le immagini dei santi Cosma e Damiano, protettori dell'Arte, fu scritto nel 1495, all'epoca della ribellione di Pisa da Firenze; venne poi corretto nei primi decenni de Cinquecento dopo la riconquista fiorentina.

L'Arte degli speziari era deputata al commercio delle spezie e alla confezione di prodotti medicinali per i quali si usavano zuccheri ed altri prodotti di spezieria. Nello statuto si trova riferimento ai deprecabili usi dei contadini che, nei tempi caldi, solevano mangiare dolci o impasti di miele, farina, spezie calde, con grande danno per la lor salute, al punto che alcuni ne morivano: da ciò il divieto imposto agli speziari di preparare e vendere, da aprile ad ottobre, pan pepati, pan mostacci ed altri dolci a base di miele e spezie calde. Il divieto era adottato per consiglio dei medici.


La pasta

Pisa fu nel Trecento anche luogo di produzione della pasta fresca, come attesta una provvisione degli Anziani del 1350 a favore di due fornai che producevano lasagne.

Il grano che giungeva a Pisa dalla regione interna denominata Marittima (la Maremma pisana) non era sufficiente ai bisogni dello stato che si riforniva anche con acquisti dalla Sardegna o dalla Sicilia, come attesta il documento del Diplomatico Alliata del 22 novembre 1302.

Commercio di prodotti per mare
La seconda sezione riguarda il commercio del cibo che a Pisa, collegata al porto anche per via fluviale, poteva giungere, o

essere esportato, anche dal mare. Anche nel Quattrocento e nel Cinquecento i mercanti pisani e utopiaCOMERCIO MEDIOEVO

fiorentini continuarono a intrattenere rapporti commerciali con i paesi del Nord Africa da cui

importavano prodotti alimentari, pelli, e cui inviavano stoviglie, stoffe, merci diverse.

Trova posto in questa sezione il libro di viaggio di un comandante di nave di area pisana che nel

1437 recò un carico di frumento da Agrigento a Tripoli. Qui il grano fu venduto ad acquirenti arabi

che, per ricevuta, sottoscrissero il libretto del capitano, ora esposto in mostra.

Il viaggio verso il Nord Africa della nave S. Maria Incoronata, partita nel 1581 da Livorno e diretta in Marocco, dove giunse nel 1583, è documentato attraverso il libro del capitano Bernardo Vaglienti.


Nel Settecento mercanti di Livorno intrecciarono rapporti con aree dell'America da cui ormai arrivavano non sontanto i tesori di cui parla Iacopo Antonio Boasi nella lettera in mostra diretta al suo corrispondente di Cadice, Alessandro Quaratesi, ma anche i prodotti alimentari del Nuovo Mondo, quali ad esempio il cacao, il pomodoro, la patata, ed altri ancora, prodotti che rivoluzionarono l'alimentazione europea. Tra la fine del Seicento ed il Settecento la cioccolata entrò nelle abitudini alimentari degli europei. E' del 1703 la Nota per saper manipolare la cioccolata, una ricetta, esposta in mostra, che prevede la preparazione del cioccolato con cannella o altri aromi e spezie, quali il muschio in sostituzione della vaniglia.

Certosa di Calci
La dieta certosina, basata essenzialmente sul consumo di verdure e pesce, soprattutto d'acqua dolce, 
MONJE

offre gli spunti per un'ulteriore sezione. Dalla seconda metà del Settecento il cioccolato entrò tra i  consumi della Certosa, come anche il caffè della Martinica, il cui acquisto è registrato fra le spese della Spezieria.

La Corte
La caccia dei principi, i ricevimenti della Corte granducale hanno un' eco nella mostra attraverso i "Ricordi" delle monache delle monastero di S. Giovanni gerosolimitano di Pisa che sorgeva lungo la via detta di S.Giovannino (oggi via Pietro Gori). Cardinali e principi della dinastia medicea visitarono spesso il monastero pisano di cui erano anche superiori in quanto priori dell'Ordine di S. Giovanni.

In particolare la granduchessa Vittoria della Rovere, moglie di Ferdinando II e madre del principe Francesco Maria, priore di Pisa, nei suoi soggiorni in città visitò più volte il monastero accompagnata dalla corte, offrendovi rinfreschi e facendo poi giungere alle monache vivande pregiate, quali 300 ostriche.

Il territorio: mercati, mulini, frantoi
La ricca idrografia del territorio pisano permise lo sfruttamento della forza motrice dell'acqua per l'impianto di opifici : mulini per la macinazione del grano, frantoi per la frangitura delle olive e la produzione dell'olio. Gli oliveti erano e restano fra le colture diffuse in alcune aree del pisano, come quella di Buti, mentre Calci, Vicopisano, sono rappresentate in mostra con piante del Settecento che attestano la collocazione di molti mulini.
Una bella pianta di Peccioli ci offre la situazione della piazza del mercato nella seconda metà del Cinquecento.
Il campione dei beni commissionato nel 1780 all'architetto Ristorini dal marchese Giuseppe Luigi Riccardi, offre le immagini di una grande ed esemplare fattoria, quella de La Cava, nel territorio di Pontedera.

I luoghi del mercato a Pisa
In primo piano la Piazza del Grano con un documento del 18 aprile 1360 che mostra quale era l'assetto medievale della

piazza, la fitta rete delle sue botteghe recanti nomi pittoreschi, prima che il governo fiorentino, FORNAIMEDIOEVO

alla fine del Quattrocento, ne decidesse lo spostamento in altro luogo, ovvero nello spazio

conosciuto adesso come Piazza delle Vettovaglie, dove è attestata, attraverso una bellissima pianta

del 1781, la presenza di forni di proprietà de Comune di Pisa, deputati forse a calmierare il prezzo

del pane. Altre piante riguardano luoghi deputati ai mercati, come la via di Borgo, piazza dei Cavoli

o le Logge di Banchi.

Tonnare dell'Isola d'Elba

L'ultima sezione è dedicata all' impresa economica tentata dai Franceschi di Pisa che parteciparano alla Società che si aggiudicò l'appalto delle tonnare di Portoferraio e Marciana dell'Elba nel novennio dal 1776 al 1785. L'impresa non ebbe successo: con l'eccezione dell' anno 1778, in cui si ebbe un utile di lire 4788.7.8, la Società fu poi sempre in perdita e venne liquidata nel 1784.
La tonnara a mare, utilizzata in vari luoghi dell'Elba, ripeteva lo schema siciliano ed i primi impianti elbani vennero organizzati da maestranze trapanesi.

Rosalia Amico, ricercatora del Archivio dello Stato de Pisa. Gentilmente ci ha concesso la pubblicazione de la presentazione della interessante mostra sul Cibo nel Medioevo a Pisa, che rimarrà in mostra questo mese.

Ringraziamo la sua attenta condivisione e l'informazione fornita nella mostra.

(Immagine del google.it)

 

 

La Laguna (35) per N. Cataldo

VERSIONE SPAGNOLA

Ciao a tutti e buon rientro!!!
Vi scrivo infatti nel pomeriggio di lunedì 31 agosto, giornata che nel mio personalissimo calendario rappresenta il ritorno al lavoro e alla normalità. E se devo essere sincero avevo proprio voglia di tornare a lavorare dopo un mese di vacanza.

Forse perché ho la fortuna di esercitare una professione che mi piace o forse perché ho la coscienza a posto con le mie vacanze, nel senso che me le sono godute davvero tanto;) Comunque vi racconto quello che ho fatto nel mese di agosto e poi mi direte voi se sono riuscito a sfruttare le mie ferie nel migliore dei modi. E allora andiamo in ordine cronologico.

Forse vi ricorderete che l'ultima volta vi avevo scritto già da Bari e vi avevo raccontato dei miei fantastici cinque giorni a Gran Canaria. Ebbene, dovete sapere che quelle giornate sull'isola di fronte (come la chiamano qui) sono state semplicemente l'inizio di un itinerario che, modestie a parte, mi sono organizzato proprio bene ;)


La prima (e abituale quanto obbligata) tappa del tour italiano è stata la mia città natale dove come al solito ho rivisto parenti e amici. Normalmente dico che vado in vacanza a Bari, ma forse in quest'occasione

farei meglio a dire che sono stato in Puglia, perché credo che tra tutte le mie visite a Bari, da quando FOGGIACLACIO

non ci vivo più, quest'ultima sia stata quella in cui ho macinato più chilometri. Sono, infatti, riuscito a

toccare (grazie alla guida e alla preziosa compagnia di vari amici) quattro delle sei province che può

contare la mia regione. A parte Bari e provincia, ho, infatti, avuto la fortuna di visitare le province di

Brindisi, Taranto e Lecce. Ma cominciamo proprio dal capoluogo regionale. Tra le varie attività svolte

a Bari, spicca senza dubbio la serata passata allo stadio per vedere (ahimé) l'inaspettata sconfitta inflitta dal Foggia alla squadra di casa.

Si trattava di un risultato poco prevedibile prima della partita soprattutto considerando che le due squadre militano in due divisioni diverse e si può dire che in questo caso David ha nuovamente sconfitto Golia. Il Bari ha meritatamente perso contro uno spumeggiante Foggia al cui secondo gol buona parte della tifoseria locale è scoppiata in un fragoroso applauso.

La squadra di casa ha poi accorciato le distanze, ma non è mai stata in partita e il miglior momento nello stadio si è rivelato quello dell'inno cantato a squarciagola con gli amici di sempre.


Comunque la costante del mio viaggio in Puglia sono stati, senza ombra di dubbio, i trulli. Per chi TRULLI

non lo sapesse, si tratta di costruzioni tipiche della valle d'Itria, ovvero quella zona della regione

formata dai comuni di Locorotondo, Martina Franca e Alberobello. E se in una sagra a Caranna

(frazione di Locorotondo) abbiamo potuto assaporare, tra le altre cose, delle ottime orecchiette,

a Martina Franca mio cugino Cristian e la sua fidanzata Maria Elena sono stati così gentili da offrirci

una succulenta cena a base di bombette. Quando dico offrirci mi riferisco a me, Francesco e Lucia che, tra l'altro, venivamo

da una giornata di mare in provincia di Lecce, a Porto Selvaggio, una fantastica spiaggia alla fine di una pineta dove

moltissime persone facevano campeggio.

Il tutto in un'area protetta che mi ha fatto ricordare i migliori paesaggi delle Canarie e mi ha fatto superare i postumi della bevuta della serata precedente a Gallipoli da Brunella e Fabiano che ringrazio per l'ospitalità e anche per i Chappaqua... loro mi capirannno e anche Lucia e Francesco!


Avrete, forse, notato che in questo blog il tutto è spiegato in modo meno dettagliato che normalmente, ma ciò si deve fondamentalmente alla quantità di bei momenti e bei ricordi che mi sono portato a Tenerife da questo viaggio.

Potrei scrivere mille pagine su tutte le risate fatte prima, durante e dopo le varie escursioni, ma mi dilungherei troppo e forse è meglio cambiare argomento e regione e passare a raccontarvi della città magica, Napoli. NAPOLI

Non fraintendetemi, Roma è bellissima, monumentale e maestosa, ma la città partenopea ha quel 

non so che che che rende speciali le sue vie e la sua gente. Sono pienamente cosciente che a molte

persone non piaccia o possa sembrare eccessiva e disorganizzata, ma mi è piaciuta fin dal primo momento.

Forse proprio perché con il mio amico Francesco ci siamo disorganizzati bene prima della partenza o forse perché si mangia da Dio o forse ancora perché a dispetto delle previsioni il tempo ha retto fino a quando l'abbiamo dovuta lasciare, provocando in tal modo le sue lacrime. In ogni caso, posso dirvi che la conoscevo pochissimo e che ora mi sento di consigliarla a tutti. È difficile scegliere un motivo, ma se mi obbligassero a farlo probabilmente sceglierei il carattere della gente e a questo proposito posso raccontarvi un siparietto curioso.

Durante il mio ultimo giorno a Napoli cercavo disperatamente un francobollo da mettere su una cartolina che avevo già scritto e deciso di inviare a mia madre. Però, in tutte le rivenditorie di tabacchi mi dicevano che i francobolli si vendevano solo in posta dove per comprarli bisognava fare una lunga coda. Ma a quel punto e all'uscita dal particolarissimo Museo delle Fontanelle ci è apparsa Eleonora, una simpatica postina napoletana, a cui ho dato un euro e l'incarico di comprare un francobollo da attaccare sulla cartolina che proprio ieri è arrivata a mia madre. E allora: grazie mille Eleonora!

 

Da Napoli a Roma, dove ad aspettarmi c'era il mio amico Antonio, barese trapiantato a Roma da un anno e mezzo circa.

Mi sono fermato per circa tre giorni da lui e dalla sua simpatica zia e mentre di giorno loro ROMATRASTEVERE

lavoravano, io facevo il turista in giro per la capitale con tanto di macchina fotografica e facendo

foto come neanche i giapponesi;) In serata, invece, quando Antonio aveva finito di lavorare si andava

in giro e, se la prima sera, forse per farmi sentire più a mio agio, mi ha portato all'isola tiberina,

la seconda l'abbiamo passata in quel di Ariccia e concretamente Dar Burino, una fraschetta tipica romana dove, in un

ambiente volutamente e magicamente spartano, ci siamo concessi una gran bella cena a base di vino e specialità locali.

Ma, sbagliate se pensate che io mi sia fermato solo tre giorni nella capitale.


Dopo i tre giorni da Antonio, ho pernottato per altri tre giorni in un piccolo ostello vicino la stazione ROMAT2

centrale, Roma Termini, dove ho condiviso la stanza con il mio amico andaluso Ramon che da circa 

anno e mezzo vive a Venezia. A parte tutta la sua simpatia e voglia di divertirsi, il nostro veneziano

aveva con sè una cosa preziosissima, anzi due.

Dovete sapere che lui vive nella città di San Marco perché lavora nel museo Guggenheim ed è venuto a Roma con due

tessere magiche che ci hanno permesso di entrare gratis e praticamente senza fare file in tutti i musei della città eterna.

E così anche in questi altri tre giorni ho continuato a fare il turista fino al lunedì pomeriggio. Infatti, il martedì mattina presto

avevo l'autobus che mi avrebbe portato all'aeroporto di Fiumicino e di lì prima a Barcellona e poi a Tenerife.

Però, la serata di lunedì non è stata triste, anzi. Dopo il tour dei musei abbiamo deciso di andare a bere qualcosa

FULBITOTrastevere, dove ci hanno raggiunto Antonio, la sua amica Cristina e Riccardo, un amico

romano che era stato in Erasmus a Tenerife sette anni fa. E allora come ai vecchi tempi del mio

primo anno sull'isola, con Riccardo ci siamo bevuti qualche birra e abbiamo passato buona parte

della serata a giocare al calcio balilla dove (come sempre;) ho finito per vincere quasi tutte le partite. Riccà, se mi stai

leggendo, alla prossima e allenati nel frattempo! ;)


Ho tralasciato un sacco di cose ed episodi divertenti, ma non era questo il luogo più adatto per scrivere un best seller, no? O sì?

Vedremo... per il momento un abbraccio a tutti!

Nico

 

Giacomo Leopardi a Pisa per T. Sandroni

 

A quei concittadini imbarazzati nel dover replicare a chi sostiene che Pisa puo' vantare il meraviglioso Campo dei Miracoli con i suoi splendidi edifici ma non un centro storico che regga il paragone con quello di altre meravigliose città, anche toscane, vorrei rammentare il giudizio di un viaggiatore autorevole, per quanto di un'altra epoca

"L'aspetto di Pisa mi piace assai più di quel di Firenze. Questo lungarno è uno spettacolo così bello,
LEOPARDI 1

così ampio, così magnifico, così gaio, così ridente che innamora: non ho veduto niente di simile nè

Firenze nè a Milano, nè a Roma, e veramente non so se in tutta l'Europa si trovino vedute di

questa sorta.

Vi si passeggia poi nell'inverno con gran piacere, perchè v'è quasi sempre un'aria di primavera: sicchè in certe ore del giorno quella contrada è piena di mondo, piena di carrozze e di pedoni: vi si sentono parlare dieci o venti lingue, vi brilla un sole bellissimo tra le dorature dei caffè, delle botteghe piene di galanterie e nelle invetriate dei palazzi e delle case, tutte di bella architettura. Nel resto poi, Pisa è un misto di città grande e di città piccola, di cittadino e di villereccio, un misto così romantico, che non ho veduto mai altrettanto. A tutte le alte bellezze, si aggiunge la bella lingua."

Sono parole tratte da una lettera di Giacomo Leopardi indirizzata alla sorella Paolina e datata 12 Dicembre 1827. Era arrivato a Pisa il 9 novembre e si sarebbe trattenuto fino al giugno dell'anno successivo quando, informato della morte del fratello Luigi, avrebbe lasciato per sempre la nostra città.


Aveva affittato un piccolo appartamento in Via della Faggiuola, presso una famiglia che ospitava in TARGALEOPARDI

genere studenti;  la sua stanza dava a ponente sopra un orto e la illuminavano due alte finestre

dalle quali la vista poteva spingersi fino all'orizzonte. Ogni giorno Leopardi usciva in città e seguiva

il fiume camminando a lungo: gli piaceva quel clima, vi era "quasi sempre un'aria di primavera".


Rientrando suonava il campanello con un tocco particolare che lo annunciava alla famiglia, della quale faceva parte Teresa Lucignani, giovane sorella della padrona di casa. Per quanto non istruita Giacomo ne era tuttavia affascinato e aveva stabilito con lei un rapporto di amicizia e reciproca simpatia. Teresa aspettava sul balcone il ritorno dell'ospite che si faceva riconoscere per quel particolare scampanellìo di cui poi entrambi ridevano. La troviamo descritta nello Zibaldone del giugno 1928 come "una giovane dai sedici ai diciotto anni, la quale ha nel viso,nei gesti,nella figura un non so che di divino".


L'immagine della ragazza si confondeva nella fantasia di Giacomo Leopardi con il fantasma d'amore di un'altra fanciulla che portava lo stesso nome e morì a Recanati nel pieno della giovinezza; dalle finestre del proprio palazzo Giacomo ne scorgeva la stanza. Rievocandone la memoria circa trent'anni dopo il fratello Carlo parlava di entrambe come di "affetti lontani e prigionieri". Di sicuro sappiamo che è a Pisa che Leopardi compone la lirica "A Silvia" anche se quest'ultima viene appunto di solito identificata con Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta di tisi nel 1818 e personificazione nella fantasia leopardiana della speranza tipica della giovinezza, fatta di attese, illusioni e delusioni.


Il regista Roberto Merlino, autore nel 2010 di un mediometraggio intitolato "Pisa, donne e Leopardi"  ASILVIA

ritiene addirittura che "Silvia potrebbe essere una ragazza pisana,Teresa Lucignani, cognata di

Giuseppe Soderini, proprietario delle pensione di via della Faggiola a due passi da Piazza dei

Cavalieri che Giacomo conosceva molto bene. Ma potrebbe essere anche una figura idealizzata,

un'unione virtuale tra questa Teresa pisana e Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere di casa Leopardi

a Recanati."


Alla Teresa pisana pare quasi sicuramente riferirsi un frammento di poesia risalente allo stesso periodo e pubblicato solo postumo a Firenze nel 1906 da Le Monnier negli "Scritti vari inediti dalle carte napoletane". Eccolo:  

Il canto della fanciulla

Canto di verginella, assiduo canto,
che da chiuso ricetto errando vieni
per le quiete vie; come sì tristo
suoni agli occhi miei? perché mi stringi
sì forte il cor, che a lagrimar m'induci?
E pur lieto sei tu; voce festiva
de la speranza: ogni tua nota il tempo
aspettato risuona. Or, così lieto,
al pensier mio sembri un lamento, e l'alma
mi pungi di pietà. Cagion d'affanno
torna il pensier de la speranza istessa
a chi per prova la conobbe.

Una lieta canzone di ragazza che risuona per vicoli silenziosi non rallegra il poeta, al contrario lo commuove fino alle lacrime trasformandosi in un lamento nella sua immaginazione presaga dello svanire drammatico di ogni speranza giovanile "all'apparir del vero" ( A Silvia)

(...)

Usciamo ora da via della Faggiuola e troviamo tutto un ambiente mondano che gravita attorno al LEOPARDI

poeta a partire dalla fine del 1827. A fare gli onori di casa è il rappresentante ufficiale della cultura

pisana, l'editore e docente di eloquenza Giovanni Rosini, che, nella sua bella dimora di piazza del

Duomo ai piedi della Torre riunisce intellettuali ed artisti italiani e stranieri. E' un uomo cordiale e

pieno di energia e guiderà il timido Leopardi fra i brillanti salotti cittadini, amando e apprezzando con

sincero trasporto il suo genio.


Nel contendersi la presenza del poeta non saranno da meno le più prestigiose dame pisane: da Lauretta Cipriani Parra donna indipendente e sensibile che forse avrebbe desiderato stringere con Leopardi un rapporto di amicizia che travalicasse i formalismi della conversazione salottiera, alla francese Sofia Caudeiron, vedova Vaccà Berlinghieri, la "bella Sofia" che proprio nel Palazzo Lanfranchi tenne un importante salotto di ispirazione liberale; ne furono frequentatori Gino Capponi e Pietro Giordani, Giovan Pietro Vieusseux e Francesco Domenico Guerrazzi. Più rari furono gli inviti agli sfarzosi ricevimenti dei Mastiani Brunacci, la più facoltosa e potente famiglia pisana, nei quali brillava l'affascinante e chiacchieratissima contessa Elena, dama di corte di Elisa Baciocchi a Lucca e poi dei Lorena a Firenze. Un ritrovo mondano, quest'ultimo, fra i più ambiti dell'Italia dell'epoca, nel quale passarono madame de Staël e la duchessa di Berry, Paolina Bonaparte, Vittorio Alfieri e gli stessi Granduchi di Toscana.


Un accenno dello Zibaldone attesta poi la partecipazione di Leopardi a qualche seduta dell'Accademia dei Lunatici,una singolare associazione fondata dalla londinese Margaret Jane King contessa di Mountcashell, meglio nota con lo pseudonimo di Madame Mason: carismatica quanto misconosciuta figura di pedagogista e di protofemminista, che dalla sua istitutrice ( Mary Wollstonecraft, madre di Mary Shelley e autrice del trattato A Vindication of Rights of Women (1792) ) aveva attinto avanzati princìpi di educazione dei giovani al libero pensiero. Senza dubbio si tratta di quello, tra gli incontri pisani, che per la peculiarità del personaggio desta maggiore interesse e curiosità. Anche dopo la partenza da Pisa Leopardi la ricorderà spesso nelle lettere a Rosini.


All'intrattenimento piacevole dei salotti si alternò la frequentazione degli ambienti accademici, anch'essa piuttosto inconsueta nella vicenda leopardiana. Poco noto è l'episodio, raccontato molti anni dopo da Girolamo Cioni, della presenza all'inaugurazione del corso di diritto penale tenuto da Giovanni Carmignani:


La Scuola Magna è piena zeppa, il professore ascende la cattedra. Non discorre subito, ma si rivolge a un usciere o bidello e richiede che nell'emiciclo sotto la cattedra sien disposte due sedie. Il bidello le dispone, e allora il Carmignani presenta alla scolaresca Giacomo Leopardi con parole degne di questo e di chi le proferiva, e lo invita ad assidersi in luogo distinto insieme con chi lo accompagnava. Le parole del venerato Maestro furono seguite da una tempesta di applausi.


Nonostante l'immagine di solitudine e isolamento che la vicenda umana del poeta suscita in chi la conosce anche solo sommariamente, rimane il fatto che a 30 anni non ancora compiuti la sua figura pare già nota e apprezzata quantomeno negli ambienti dell'eccellenza intellettuale; sebbene ritorni poi alla memoria una sua famosa lettera contenente la confessione che "avrei maggior concetto di me stesso se mi credessi capace di farmi amare che di farmi stimare".

(...)

Ma c'è una sensazione,un ricordo davvero particolare che il poeta porta con sé dalla nostra città.
Si tratta di una strada che oggi non sapremmo individuare ma che è esistita e certo ancora esiste per quanto probabilmente trasformata; percorrendola Giacomo Leopardi, sebbene già allora oppresso dal suo "pessimismo cosmico", riusciva ad abbandonarsi alle più serene fantasie. Tanto da scrivere:

"Ho qui in Pisa una certa strada deliziosa, che io chiamo Via delle rimembranze:
PAOLINALEOPARDI

là vo a passeggiare quando voglio sognare ad occhi aperti".

(25 febbraio 1828, lettera alla sorella Paolina).

 

(Nota della Redazione: Giacomo lasció Pisa per tornare a Recanati fine al 1830 e nel 1833 parte a Napoli, dove morì il 14 giugno 1837; la sorella Paolina arrivó a Pisa nel 1867 e connobe a Teresa Lucignani. Morì nel Royal Victoria Hotel del Lungarno Pacinotti il 13 di marzo 1869. Toccó a un antenato degli attuali eredi, segnalare chi era. Nel Hotel non sanno quale sarebbe la stanza, ma che anche il fratello Carlo avrebbe venuto a conoscere la Pisa de Giacomo. Se ringrazia la spiegazione precisa del Sg.re N. Piegaia del Royal Victoria Hotel e la gentilissima collaborazione di Tiziano Sandroni).

(www.giacomoleopardi.it)

 

 

 

 

 

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