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Origine delle galassie: la Nasa seleziona il progetto della Normale
Una notizia importante della Scuola Normale Superiore di Pisa: VERSIONE SPAGNOLA
"James Webb, il più grande telescopio spaziale mai realizzato, sarà lanciato il 31 ottobre dallo
spazioporto europeo di Kourou, nella Guyana Francese. L'esperimento presentato dal gruppo di
Cosmologia guidato da Andrea Ferrara studierà la formazione ed evoluzione delle prime galassie
distanti circa 13 miliardi di anni luce dalla Terra.
È tra i 286 prescelti a livello internazionale, e la Scuola Normale è l'unico ente di ricerca italiano tra i 77 selezionati nel settore "Galaxies".
Pisa, 7 aprile 2021, de Normale News (normalenews.sns.it)
La Nasa ha selezionato un esperimento scientifico presentato dal Gruppo di Cosmologia della Scuola Normale Superiore per l'osservazione delle prime galassie formatesi subito dopo il Big Bang. Il progetto di ricerca entra così nel programma scientifico internazionale allestito per il primo ciclo di vita del telescopio spaziale James Webb, il più grande mai realizzato, che intende svelare ulteriori segreti sull'origine dell'universo.
Dotato di capacità di imaging superiore e spettroscopia ad alta risoluzione, James Webb amplierà
le scoperte avviate dal telescopio Hubble, di cui è considerato il successore, e sarà lanciato in orbita
solare il 31 ottobre 2021 dalla località di Kaurou, nella Guyana Francese, sulla costa nord-orientale
del Sudamerica. Inizierà a osservare l'universo dal maggio 2022, dopo che la navicella spaziale avrà
viaggiato per più di un milione di chilometri e verificato il funzionamento di tutta la propria strumentazione.
Per quella che viene considerata una tappa fondamentale della nostra comprensione del cosmo e dell'inizio della vita, la
collaborazione tra NASA, Agenzia Spaziale Europea (ESA) e Agenzia spaziale canadese (CSA) ha chiamato la comunità
scientifica internazionale a presentare progetti scientifici finalizzati a far luce sull'origine dell'universo, mettendo a
disposizione 6.000 ore di osservazione, il primo ciclo di "lavoro" del telescopio, riguardanti 8 settori di ricerca.
Oltre 1.000 sono state le proposte arrivate entro il 24 novembre scorso da scienziati provenienti da 44 paesi.
L'esperimento presentato dal Gruppo di Cosmologia della Normale ("Galaxy assembly at z > 6: unraveling the origin of the
spatial offset between the UV and FIR emission"), il cui Principal Investigator è il ricercatore della Scuola Stefano Carniani, è
risultato tra i 286 prescelti. La Scuola Normale è l'unico centro di ricerca italiano che ha un progetto a sua guida tra i 77
selezionati nella sezione Galaxies.
Il progetto dei cosmologi della Normale si concentra in particolare sullo studio della formazione ed
evoluzione delle prime galassie, distanti circa 13 miliardi di anni luce dalla Terra, e avrà in dote 21,3
ore di osservazione. Riceverà personale specifico di supporto da parte della collaborazione
internazionale, oltre che un budget di prossima assegnazione. Del Gruppo di ricerca di Cosmologia è
responsabile Andrea Ferrara, e ne fanno parte, oltre a Carniani, Simona Gallerani, Andrea Pallottini,
Livia Vallini, Evangelia Ntormousi, Mahsa Kohandel.
"I telescopi attualmente a nostra disposizione hanno permesso solo un primo superficiale studio delle caratteristiche delle
prime galassie – spiega Carniani. James Webb Space Telescope rivoluzionerà il campo permettendo
di ottenere informazioni cruciali sulle prime fasi di evoluzione delle galassie. In particolare il nostro
esperimento è dedicato alla ricerca della luce emessa dalla popolazione stellare e dal gas ionizzato
all'interno di tre galassie risalenti a soli 500-900 milioni di anni dopo il Big Bang. Queste
osservazioni consentiranno di capire in maniera precisa come queste galassie si siano formate
e quando".
"L'assegnazione di questo ambitissimo tempo di osservazione al nostro progetto - commenta il prof. Ferrara - è un
riconoscimento al lavoro che il Gruppo di Cosmologia sta svolgendo nell'ambito di una ERC Advanced Grant finanziata
dalla EU e che privilegia la stretta combinazione tra approcci teorici e sperimentali allo studio dell'Universo primordiale.
Ribadisce inoltre il ruolo leader della Scuola Normale nella ricerca scientifica a livello internazionale in un ambito
particolarmente competitivo".
De: https://normalenews.sns.it/origine-delle-galassie-la-nasa-seleziona-il-progetto-della-normale-per-il-primo-ciclo-di-osservazioni-del-telescopio-james-webb
Fotos: Google
Dalla magia alla biologia molecolare: il rapporto tra epilessia e tumori endocranici nella storia della medicina
Dalla magia alla biologia molecolare: il rapporto tra epilessia e tumori endocranici nella storia della medicina
La ricerca pubblicata sulla rivista Neuroscientist, a febbraio scorso: VERSIONE SPAGNOLA
"Diagnosi e cure delle malattie sono cambiate radicalmente nel corso dei secoli e millenni, un
percorso che spesso affonda nella magia sino alla moderna scienza medica. A raccontare questa
storia, a partire dal rapporto fra epilessia e tumori endocranici come caso studio, c'è una ricerca
dell'Università di Pisa appena pubblicata sulla rivista Neuroscientist.
L'articolo scritto dai professori Gianfranco Natale e Guido Bocci e dal dottor Federico Cucchiara
affronta infatti in una prospettiva storica critica, il legame tra convulsioni e neoplasie endocraniche.
La prima parte del lavoro riassume dunque la lunga storia dell'epilessia, una patologia descritta fin dai tempi più remoti soprattutto in chiave magico-religiosa, con riferimenti anche alla possessione demoniaca.
Ippocrate fu il primo a comprenderne la natura e a fornire un'interpretazione medica e ciononostante, per molto tempo ancora, l'epilessia rimase una malattia misteriosa e da guardare con sospetto.
Solo nel secolo dei Lumi cominciò a trovare la giusta attenzione scientifica: nel 1770, il medico svizzero Samuel-Auguste Tissot pubblicò il Traité de l'épilepsie, una pietra miliare dell'epilettologia. Ma è il XIX secolo l'epoca d'oro degli studi
sull'epilessia che proprio in questo periodo iniziò a essere posta in relazione con le neoplasie endocraniche.
La seconda parte dell'articolo si concentra quindi su questo aspetto. Nel 1882, il padre dell'epilettologia
moderna, John Hughlings Jackson riportò il caso di un paziente affetto da tipiche crisi epilettiche
in presenza di un tumore endocranico.
Ma fu grazie a due medici scozzesi - John Gairdner e William Macewen - che si si capì meglio la
relazione fra le due patologie.
"Da queste osservazioni pionieristiche siamo arrivati oggi allo studio dei cambiamenti biochimici e
molecolari dei tumori cerebrali, ricerche che hanno aperto ipotesi di lavoro senza precedenti
sull'epilettogenesi – spiega Gianfranco Natale - Questo notevole progresso scientifico consente oggi di trattare in maniera
meno empirica e più appropriata queste patologie, con la chirurgia, i farmaci e le terapie fisiche".
Gianfranco Natale è direttore del Museo di Anatomia Umana "Filippo Civinini" e docente di Anatomia Umana presso
il Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia. Con lui hanno collaborato allo
studio Federico Cucchiara, medico specializzando della scuola di Farmacologia e Tossicologia Clinica, e Guido Bocci,
docente di Farmacologia presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale.
"Dalla passione per la storia della medicina e la ricerca scientifica in campo oncologico è nata l'idea
di un lavoro che ha ricostruito la lunga storia dell'epilessia e del suo legame, riconosciuto in tempi
più recenti, anche con la presenza di tumori endocranici – conclude Natale -.
La pubblicazione di questo articolo su Neuroscientist conferma la vocazione dell'Università di Pisa allo spirito di collaborazione fra le varie discipline: da un lato la ricerca storica, che trova naturale collocazione nel contesto museale, e le innovative ricerche nel campo della medicina"
Fotos: Google
Il cambiamento climatico e l’invenzione di nuovi miracoli...
"Il cambiamento climatico e l'invenzione di nuovi miracoli: il caso di San Frediano a Lucca che devia la piena del Serchio" pubblicata nel UniPi-news... VERSIONE SPAGNOLA
Santi che salvano città e campagne da tempeste e inondazioni e nubifragi, i cosiddetti miracoli dell'acqua e dell'aria, furono "inventati" nell'Italia centrosettentrionale nel VI secolo in risposta ai cambiamenti climatici.
La connessione piuttosto inaspettata fra eventi prodigiosi ed osservazione scientifica deriva da uno
studio appena pubblicato sulla rivista Climatic Change e guidato dal Dipartimento di Scienze della
Terra dell'Università di Pisa grazie ad un finanziamento della Fondazione della Cassa di Risparmio
di Lucca.
Al centro della ricerca, basata su dati climatici ottenuti da archivi naturali e fonti storiche, c'è la
vicenda del miracolo di San Frediano che nel VI secolo salvò Lucca dalle inondazioni del Serchio. Il fiume, che all'epoca
aveva diversi rami, rappresentava infatti un continuo pericolo per le sue imprevedibili piene. In occasione di una di queste,
come raccontato nei "Dialoghi sui miracoli dei Padri italiani" attribuiti a papa Gregorio Magno, Frediano prese un
rastrello, fece una traccia e impose al Serchio di seguirla allontanandolo così dalla città.
"Nel VI secolo, un periodo noto anche come "diluvio Medievale", l'Italia centro settentrionale era
diventata davvero una terra di piogge torrenziali e alluvioni - racconta Giovanni Zanchetta
professore di geologia dell'Università di Pisa e primo autore del saggio – la storia di San Frediano
non è un caso isolato e in questo studio, grazie ad un approccio multidisciplinare, che ha messo insieme esperti
internazionali di geochimica, specialisti del clima, storici e geoarcheologi, abbiamo dimostrato quel cambiamento climatico a
cui fanno riferimento le fonti scritte"
Per ottenere dati sui climi passati, sono stati esaminati alcuni campioni di stalagmiti provenienti
dalla grotta Renella nelle Alpi Apuane nel nord della Toscana. Al loro interno i ricercatori
hanno trovato il segnale di intense precipitazioni di origine atlantica. Nella ricostruzione effettuata
nel VI secolo infatti importanti masse di aria umida provenienti dall'Oceano raggiunsero l'Italia
settentrionale e centrale provocando massicce precipitazioni e inondazioni.
L'analisi in particolare ha riguardato lo studio delle concrezioni della grotta nel corso dei secoli che
nelle loro proprietà chimiche e fisiche registrano le condizioni ambientali. La misurazione del rapporto degli isotopi
dell'ossigeno negli strati successivi che si deponevano progressivamente ha infatti permesso al team di distinguere tra
periodi più umidi e periodi più secchi, che sono stati datati utilizzando il metodo uranio-torio.
Su questa base, i ricercatori hanno quindi verificato che il VI secolo d.C. nell'Italia settentrionale e centrale si distinse
dagli altri per un eccezionale livello di umidità.
"Questo nuovo approccio "ibrido" allo studio degli impatti climatici sulle società passate basato su dati sia naturali che storici, – conclude Monica Bini responsabile del progetto finanziato dalla Cassa di Risparmio di Lucca – consente di comprendere meglio 'come andarono davvero le cose' e da un altro punto di vista ci mostra quanto siano varie e imprevedibili le risposte culturali che nel corso del tempo le società hanno dato al cambiamento climatico".
Fotos: Google
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