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REGISTRO DE OBRAS

Mosaicismo genetico: il primo strumento moleculare si chiama Beatrix per SNS

Beatrix si chiama il primo strumento moleculare per studiare il Mosaicismo genetico, e lo presentiamo preso de las News de la Scuola Normale Superiore. Tra poco la Versione Spagnola, felici di condividere la interessante vita scientifica locale!

"Si chiama Beatrix, ed è una nuova tecnica per generare e poi rivelare un mosaico geneticoA PTEN

una condizione tipica di alcune malattie del neurosviluppo anche gravi e associata allo sviluppo

tumorale. È stata realizzata da ricercatori dell'Istituto nanoscienze (Cnr-Nano) e dell'Istituto

di neuroscienze (Cnr-In) del Consiglio nazionale delle ricerche e della Scuola Normale Superiore

all'interno del Laboratorio Nest di Pisa. Lo studio, finanziato da Telethon e dalla Regione Toscana, è

pubblicato su Nature Communications.

"Il mosaicismo è la condizione in cui all'interno di un organo sono presenti diversi patrimoni genetici che vengono espressi

contemporaneamente", spiega Gian Michele Ratto di Cnr-Nano che ha coordinato il team.

"Il risultato è un mosaico di caratteristiche che in alcuni casi sono innocue, come nei vegetali i fiori bicolori o il pelo a

chiazze tricolori nel gatto calico, mentre quando si verifica nel cervello causa spesso conseguenze A GATTO C

gravi: patologie genetiche come la sindrome di Rett, la displasia corticale focale o l'epilessia

legata al gene PCDH19. Queste malattie sono caratterizzate da autismo, epilessia e deficit

cognitivi.

Anche nelle fasi iniziali dello sviluppo di un tumore si rileva presenza di mosaicismo genetico,

con sottoinsiemi di cellule che esprimono oncogeni frammiste in un tessuto normale".

Beatrix è il primo strumento molecolare per visualizzare questi mosaici genetici nelle cellule in vivo e studiarne le

caratteristiche in malattie neurologiche e oncologiche. "Abbiamo potuto modificare il patrimonio genetico di una frazione di

neuroni della corteccia cerebrale e identificare il genoma di ogni cellula grazie alla presenza di una proteina fluorescente"

prosegue il ricercatore Cnr-Nano. "Le cellule normali sono rosse mentre quelle che portano la mutazione sono verdi. La

presenza di queste proteine permette di studiare la fisiologia delle due popolazioni di neuroni, quelli normali e quelli 'malati'

nel cervello in vivo".

Lo studio della fisiologie e patologia di malattie correlate a mosaico genetico è ora possibile. "Quando A BRAIN 1

questo strumento  viene applicato su cellule diverse dei neuroni", continua Ratto, "è possibile

creare il mosaicismo genetico  potenzialmente associato allo sviluppo tumorale. In questo modo

sarà possibile studiare il comportamento di singole cellule tumorali durante lo sviluppo delle fasi

iniziali della proliferazione e metastasi".

La creazione di Beatrix è consentita dalla duplice competenza all'interno del Laboratorio NEST nell'ambito della ingegneria

genetica e delle tecniche di microscopia ed elettrofisiologia in vivo. Claudia Lodovichi di Cnr-In di Padova ha fornito una

collaborazione importante, dirigendo lo studio del mosaicismo genetico nel bulbo olfattivo.

La ricerca è stata realizzata grazie al finanziamento della Fondazione Telethon. Proprio nei prossimi giorni, dal 12 al 19

dicembre, si rinnova l'appuntamento con la settimana di sensibilizzazione e la trentunesima edizioneA NATURE20

della maratona di  ondazione Telethon, per continuare a sostenere la ricerca scientifica sulle

malattie genetiche rare, messa a dura prova nei mesi di emergenza legata al Coronavirus.

(De: https://normalenews.sns.it/mosaicismo-genetico-il-primo-strumento-molecolare-per-studiare-

malattie-neurologiche-e-oncologiche) y Fotos: Google

 

Trattamento del linfedema: primo autotrapianto di linfonodi robot-assistito a Pisa

Vi offriamo un interessante articolo di una chirurgia eccezionale e la sua Versione Spagnola

A Pisa, per la prima volta in Europa, è stato eseguito con successo nei giorni scorsi, nel Centro multidisciplinare di

Chirurgia Robotica dell'Aoup, un autotrapianto di linfonodi robot-assistito (con da Vinci Xi) per A LINFEDEMA

trattare un linfedema post-traumatico alla gamba su una donna colpita 20 anni fa, accidentalmente,

da un colpo di fucile da caccia che aveva reciso l'arteria femorale provocandole una riduzione della

vascolarizzazione e del drenaggio linfatico, con conseguente accumulo di linfa che il suo organismo

non riusciva a riassorbire. Il linfedema è infatti una grave patologia, che può insorgere in seguito a

trattamento oncologico (es. tumori al seno o ginecologici) o eventi traumatici, che determina un

progressivo aumento di volume e peso degli arti interessati, con pesante impatto sulla qualità della vita.

Ad oggi erano poche le soluzioni chirurgiche praticabili fino all'intervento innovativo – precedenti analoghi ci sono solo negli

Usa e a Taiwan – eseguito a Pisa da un'equipe multidisciplinare, che ha visto come protagonisti i professori Emanuele

Cigna, chirurgo plastico esperto in tecniche ricostruttive microchirurgiche, a cui la paziente si era rivolta per una valutazione

clinica, e Luca Morelli, chirurgo generale, esperto in chirurgia robotica, entrambi professori associati dell'Università di Pisa.

Dopo un'attenta valutazione del caso è stato programmato un autotrapianto di linfonodi prelevati dall'addome, secondo una

tecnica messa a punto a Taiwan, in uno dei migliori centri a livello mondiale per il trattamento del linfedema e dove sia il

professore Cigna che i suoi dottorandi, i dottori Alberto Bolletta e Luigi Losco, anch'essi parte dell'equipe chirurgica,

avevano effettuato un periodo di formazione.

L'intervento è durato 6 ore, nelle sale operatorie ad altissima tecnologia del Centro multidisciplinare di Chirurgia A ROBOTvinciXI

Robotica diretto dalla professoressa Franca Melfi, ed è consistito nel trapiantare un segmento

vascolare circondato dai suoi linfonodi, prelevato dalla regione addominale, a livello della gamba

traumatizzata per ripristinarne il drenaggio linfatico.

Affinché il tessuto linfonodale rimanesse vitale è stato necessario riconnetterlo ai vasi sanguigni

della regione in cui doveva essere trapiantato, attraverso il confezionamento di delicate suture microchirurgiche per le quali

ci si è avvalsi del microscopio operatorio e di altri sofisticati strumenti ad alta definizione usando fili quasi invisibili a occhio

nudo. La funzionalità del tessuto trapiantato è stata verificata mediante l'iniezione di un colorante a fluorescenza il cui

l'assorbimento è stato registrato dalla telecamera del robot. Il trapianto linfonodale ha quindi avuto A VENA

successo, il decorso post-operatorio non ha presentato problematiche e la paziente è stata

regolarmente dimessa.

"Questo caso presentava un elevato livello di complessità in quanto gli esiti di un trauma così

esteso, con un'importante alterazione del supporto vascolare della gamba, rendevano l'esecuzione di qualsiasi procedura

chirurgica rischiosa per la sopravvivenza dell'arto" – spiega il professore Cigna -.

Già normalmente questo tipo di interventi sul linfedema vengono eseguiti in pochi centri specializzati ma la particolarità di

questo caso lo rende unico nel suo genere. "Siamo felici, in un periodo come questo, con la sanità italiana sotto stress per la

pandemia da Covid-19, di poter dare il messaggio che il trattamento delle altre malattie non solo non viene dimenticato, ma

può avvalersi delle migliori professionalità e tecnologie". A RPA MOSCA

"Dedichiamo questo successo – conclude il professore Morelli - al professore Franco Mosca,

recentemente scomparso, da sempre all'avanguardia nelle innovazioni chirurgiche e nella cura dei

pazienti e convinto sostenitore del progetto con la Fondazione Arpa".

(De: Ufficio stampa AOUP; fotos: Google; traducido por la Redacción del Blog)

 

Addio a Marco Santagata l'intelletuale poliedrica per A. Casadei

Scrivere un Blog per salutare a un gentilissimo Professore e di una tristezza che solo trova A SANTAGATA 1

consolazione nel ricordo di una persona molto cara a tutti. Addio Prof. Santagata.

"Il primo aggettivo che sorge spontaneo, nel cercare di definire Marco Santagata, è senz'altro 

poliedrico.

Marco non si è mai voluto inserire nella schiera degli studiosi che separavano nettamente la loro attività di ricerca da quella legata alla didattica e più in generale alla ricaduta sociale dei propri lavori. 

Essendosi formato soprattutto nella fase dei grandi sconvolgimenti politici tra anni Sessanta e Settanta, ha sempre considerato l'accademia non una turris eburnea ma un luogo di confronto, spesso di battaglie, sempre all'insegna del rinnovamento e dell'apertura, mai della conservazione fine a sé stessa. Per questo ha aperto strade in territori inesplorati, non solo nell'ambito dell'italianistica.

Certo, il suo percorso dall'amatissima Zocca, dove era nato il 28 aprile 1947, al liceo "Muratori" di Modena e poi a Pisa, studente dell'Ateneo e della Scuola Normale Superiore, lo ha portato inizialmente a seguire linee di ricerca molto consolidate, tra Medioevo e Umanesimo.

I suoi primi studi, sulla lirica aragonese e in particolare sulla poesia napoletana del secondo Quattrocento, sfociarono in un solidissimo volume nel 1979, ma furono subito affiancati da altri legati a un modo di studiare Petrarca che funse poi da modello per tanti altri studi specialistici: il suo Dal sonetto al "Canzoniere" (Padova, Liviana, 1979) coniugò i risultati della ricerca filologica e stilistica con quelli del miglior strutturalismo, riuscendo a far cogliere con precisioni gli snodi compositivi che permisero a Petrarca di trasformare progressivamente una raccolta di testi in un macrotesto narrativo coeso e perfettamente bilanciato.

Marco in effetti ha fatto tesoro di molti tipi di approccio alle opere letterarie che venivano praticati a Pisa da maestri e compagni di strada, che fossero docenti illustri quali Mario Fubini, Augusto Campana e Gianfranco Contini, o altri di generazioni successive quali Luigi Blasucci o Francesco Orlando, oppure studiosi magari poco più anziani di lui, come Alfredo Stussi e Umberto Carpi. Ma ha poi trovato rapidamente la sua via, giungendo giovanissimo alla docenza, quasi sempre a Pisa salvo brevi periodi trascorsi a Venezia o Cagliari.

Dal 1984, poco tempo dopo il suo arrivo definitivo come ordinario, ha ricoperto l'incarico di Direttore dell'Istituto di letteratura italiana, allora collocato all'ultimo piano di Palazzo Ricci: lì si creò un ambiente ricchissimo di stimoli e di dibattiti, cui partecipavano attivamente le nuove leve, di cui anch'io facevo parte, e ricordo che si parlava a lungo fra noi studenti delle lezioni di Marco o degli altri docenti che seguivamo, ognuna delle quali risultava stilisticamente riconoscibile.

Tutti comunque aspettavamo il nuovo commento al Canzoniere petrarchesco che, preceduto da altri studi importanti (come I frammenti dell'anima, 1992), uscì per i "Meridiani" di Mondadori nel 1996. Si trattò della definitiva consacrazione dopo un cursus già allora costellato di risultati notevolissimi, fra insegnamenti all'estero (per esempio alla Sorbonne Nouvelle di Parigi, a Ginevra e poi ancora a Nancy, a Città del Messico ecc.), partecipazione a iniziative editoriali e nuove riviste scientifiche, vittorie di prestigiosi premi quali il "Luigi Russo" o il "Natalino Sapegno". Ma in quella stessa fase, tra anni Ottanta e Novanta, Marco ha maturato sempre più la convinzione che era necessario uscire dai confini accademici, innanzitutto per creare nuove opportunità specifiche per gli studi letterari, e inoltre per far arrivare al pubblico dei non specialisti le più recenti acquisizioni interpretative.

Ecco allora il grande progetto di fondare, assieme a numerosi colleghi di tutta Italia, la nuova Associazione degli Italianisti, nata formalmente l'11 maggio 1996 ma in realtà ideata già negli anni precedenti. Dopo il congresso costitutivo a Pisa, rievocato proprio da Santagata durante il XXIII, che si è tenuto di nuovo presso l'Ateneo pisano nel 2019, l'Associazione ha raccolto nel tempo l'adesione di un numero di ricercatori e docenti (pure delle scuole superiori) sempre crescente, segno della sua importanza e vitalità. Per numerosi anni nel ruolo di segretario nazionale, poi come membro del direttivo, Marco non ha mai fatto mancare i suoi suggerimenti e le sue indicazioni per individuare le strategie migliori da adottare sia negli orientamenti della ricerca, sia nelle scelte politiche.

A volte con brusca sincerità, ha sempre messo in evidenza i problemi sul tappeto, senza nascondere le manchevolezze dei vecchi programmi didattici o quelle delle risorse destinate specificamente al sostegno e alla diffusione della lingua e della letteratura italiana.

E proprio in questo ambito, grazie a un lungo lavoro di preparazione in sinergia con il Ministero allora della Pubblica Istruzione e con quello degli Esteri, nacquero alcuni dei progetti più innovativi sostenuti da Santagata, come quello (a partire dal 1995) per la creazione di una Biblioteca italiana telematica, per rendere consultabile online il patrimonio di tutta la nostra letteratura, o quello di Italica, campus virtuale legato a RAI-International. E si giunse poi, ufficialmente dal 1999, alla creazione del Consorzio interuniversitario Italian Culture on the Net (ICoN), cui aderirono oltre venti atenei italiani e che produsse la prima laurea triennale interamente telematica, pensata per cittadini non italiani o residenti all'estero.

Ricordo ancora il clima di entusiasmo che accompagnò l'avvio del Corso in Lingua e cultura italiana per stranieri, frutto di una stagione forse irripetibile e che ancora molto può insegnare sulle potenzialità dell'e-learning, purtroppo poco sfruttate o addirittura osteggiate anche adesso. Ma intanto, attraverso ICoN, centinaia di studenti in oltre sessanta Nazioni hanno ricevuto una laurea italiana, in virtù di uno studio qualificato e sempre perfettamente certificato; ma pure tanti altri progetti didattici e di aggiornamento di docenti di italiano all'estero sono stati e sono ancora realizzati attraverso il portale italicon.

Ricordo cosa mi disse Marco, quando nel 2001 mi chiamò per collaborare, senza voli retorici e invece con una concreta valutazione delle ricadute sociali e anche economiche che potevano derivare da una scommessa come quella.

Le difficoltà sono state tante, ma la scommessa si può adesso considerare vinta, così come altre per le quali abbiamo lavorato fianco a fianco. Una riguardava un manuale per le scuole superiori, intitolato nella prima versione Il filo rosso, uscito per l'editore Laterza anche a nome di Laura Carotti e Mirko Tavoni, da sempre vicinissimi a Marco.

La sua proposta per la didattica era forte e forse il sistema scolastico non colse sino in fondo tutte le sue potenzialità; in ogni caso, Marco scrisse per quell'antologia alcune ottime analisi di grandi testi dalle Origini all'Ottocento, nelle quali metteva in pratica i suoi criteri riguardo alla buona divulgazione, già applicati per esempio a Leopardi. Tra anni Novanta del XX secolo e primo decennio del XXI, uscirono anche vari suoi volumi scientifici, sempre portatori di tesi innovative: riguardavano ancora Petrarca e Leopardi, ma pure Foscolo, Pascoli, d'Annunzio, e poi, soprattutto, Dante.

Infatti, mentre faceva fronte a ulteriori impegni universitari e istituzionali, che fra l'altro contribuirono a fargli conferire nel 2002 l'Ordine del Cherubino del nostro Ateneo, Marco si è appassionato allo studio della vita e dell'opera del nostro massimo poeta, facendo tesoro degli studi di Carpi usciti nel 2004. Ecco allora uno studio fondamentale come L'io e il mondo.

Un'interpretazione di Dante (Bologna, il Mulino, 2011), seguito dalla fortunatissima biografia Dante. Il romanzo della sua vita (Milano, Mondadori, 2012), che ha raggiunto un pubblico davvero ampio, grazie anche all'uso molto accorto e innovativo dei social, e che è poi stata tradotta in varie lingue straniere. Il Dante di Marco è ricco di contraddizioni, impegnato quasi giornalmente in una lotta politica che lascia numerose tracce nelle sue opere, a leggerle in filigrana. È un Dante un po' pisano, visto che per Enrico VII avrebbe scritto e poi ultimato, forse proprio a Pisa, la Monarchia. In ogni caso, un Dante fuori degli stereotipi, persino quelli derivati dalla lezione di grandi interpreti come Auerbach o Singleton.

 La passione dantesca è proseguita per vari anni, concretizzandosi fra l'altro nella direzione dei Meridiani mondadoriani dedicati alle Opere cosiddette minori (due volumi, 2011-2014), e si è connessa strettamente alla seconda attività letteraria di Marco, quella di narratore in proprio, che lo ha condotto a ottenere prestigiosi riconoscimenti, prima con Il Maestro dei santi pallidi, premio SuperCampiello nel 2003; poi, con l'inserimento nella Cinquina del Premio Strega nel 2015. In questo caso il romanzo era Come donna innamorata, in cui veniva indagata la vita di Dante prima dell'esilio e in particolare il suo rapporto con Guido Cavalcanti. È giusto segnalare le connessioni perché Marco ha più volte dichiarato di riuscire a manifestare molte delle sue idee sui grandi autori tanto con le analisi testuali e critiche, quanto con le sue ricostruzioni narrative. Forse, come capita a chi per molti anni si concentra su un'opera, anche lui sentiva che spesso l'essenziale sfugge a chi si limita a mettere in ordine rigoroso i dati disponibili, e per questo è necessario a volte fare ipotesi 'fuori sacco': ma l'uscire dai pregiudizi e dagli schematismi è stata sempre una prerogativa di Marco.

La narrativa gli serviva pure per ricomporre la sua personale biografia, attraversando vari periodi della storia d'Italia, per esempio in Papà non era comunista (1996) o in Voglio una vita come la mia (2008): rievocazioni spesso ironiche, a volte persino dissacranti, di luoghi comuni sulla politica italiana del secondo dopoguerra e sul 'mitico' Sessantotto. In questi testi si percepisce anche il lato più oscuro di Marco, quello che lo portava a scherzare sulle amarezze e sulla morte: un testo drammatico quale Il movente è sconosciuto (2018) ci dice molto sul pessimismo nascosto sotto una scorza apparentemente coriacea e ironica. Da romagnolo, capisco bene questo sentimento di un emiliano doc quale lui era.

Ma sino all'ultimo Marco ha continuato a proporre nuove interpretazioni, per esempio ancora di Petrarca, cui ha dedicato un'altra narrazione biografica, L'amoroso pensiero (2014), nonché un delicato racconto lungo, Il copista, la cui edizione rinnovata è proprio del 2020. Nel 2019 si era anche avvicinato a Boccaccio, con studi critici ma ancora una volta pure con un saggio in forma di biografia, uscita con il significativo sottotitolo di Fragilità di un genio.

E forse proprio con la nota della fragilità, che a volte traspariva dietro le battute e le risate in apparenza piene e convinte di Marco, possiamo chiudere questo già lungo e però troppo breve discorso in ricordo di un maestro e di un amico, che certo non c'è più, eppure rimarrà sempre con noi.

Alberto Casadei
Docente di Letteratura italiana dell'Università di Pisa
(De: https://www.unipi.it/index.php/news/item/19432-addio-a-marco-santagata)

 

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