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"L'Allegra Brigata"...e le Letture della SNS
Vi presentiamo a "L'Allegra Brigata" organizzata per un gruppo di giovani entusiaste del "Letture della Normale" de la Scuola Normale Superiore di Pisa; preso delle News de la SNS.
"Esce il prossimo 3 settembre Dieci canzoni. Boccaccio, Decameron, l'album online nato in seno al reading collettivo
organizzato, nel periodo di quarantena, dalle Letture della Normale.
A interpretare le dieci canzoni che chiudono le altrettante giornate del Decameron, la Normale ha
invitato alcuni dei protagonisti della scena musicale indipendente italiana, dando vita a un'opera
collettiva che spazia fra generi, età e gusti musicali: dai ritmi enigmatici di Tommaso Novi alla
voce cristallina di Ilaria Bellucci, dal rebetiko di Marina Mulopulos all'indie rock dei Campos e di Esterina, dal folk
trascinante della Serpe d'Oro al jazz elegantissimo di Frida Bollani Magoni e Petra Magoni, dalla chitarra raffinata di
Alessandro Fiori allo stravagante sound di Giancane.
L'operazione nasce dall'intuizione degli organizzatori e delle organizzatrici delle Letture della
Normale, che allo scoppio dell'epidemia di coronavirus hanno proposto a centinaia di lettori e
lettrici di ripetere l'esperienza dei dieci giovani protagonisti del Decameron di Boccaccio.
Una «allegra brigata» composta da oltre 450 tra lettori e lettrici da tutto il mondo ha letto, a
distanza, le cento novelle del Decameron, per un totale di due mesi di eventi online, oltre 200
ore di lettura e decine di migliaia di visualizzazioni sul canale YouTube della Normale, per quella
che è la prima lettura del Decameron fruibile interamente online.
La presentazione pubblica della compilation avverrà il 3 settembre, alle 21 ad ArnoVivo
(Lungarno Buozzi, 1): a condurre la serata Giovanni Guerrieri dei Sacchi di Sabbia, con la
partecipazione di Francesco Morosi della Scuola Normale, tra gli organizzatori delle Letture. Sul palco si esibiranno molti
degli artisti e delle artiste che hanno partecipato al progetto.
La raccolta, curata da Davide Barbafiera e dai Sacchi di Sabbia, sarà distribuita online a partire
dal 3 settembre, e potrà essere ascoltata gratuitamente."
NdR: Estais todos invitad@s a verlo por YouTube y seguir la lectura del Decameron con las voces
de los Brigadistas.
Virus umano sconosciuto...per G. Bevilacqua
Vi presentiamo un articolo delle "News" de la UniPi, agosto 2020
Un virus umano fino ad ora sconosciuto e possibile causa del cancro mammario umano è stato identificato in alcuni resti
umani dell'Età del Rame e del periodo rinascimentale.
La notizia arriva da uno studio pubblicato sulla rivista americana "Aging" ideato e condotto da Generoso Bevilacqua, già
professore di Anatomia Patologica dell'Università di Pisa insignito dell'Ordine del Cherubino.
La ricerca ha analizzato i resti di 36 individui vissuti fra il 2700 a.C. e il XVII secolo d.C. trovando
in sei di essi tracce molecolari di un virus umano fino ad ora sconosciuto, un betaretrovirus molto
simile all'MMTV (Mouse Mammary Tumor Virus), che è l'agente causale dei tumori mammari del
topo.
"Convinto dell'eziologia virale della malattia umana, ma al contempo convinto che il virus del topo
non potesse passare alla donna – racconta Bevilacqua - mi sono persuaso dell'esistenza di un virus
umano simile e ho dedicato gli ultimi quindici anni della mia attività di ricerca a cercare di individuarlo".
Una prima conferma dell'esistenza del virus è arrivata da uno studio che Bevilacqua ha condotto cinque anni fa sulla saliva
umana, ovvero uno dei mezzi più comuni di trasmissione di malattie infettive. Un betaretrovirus simile al MMTV è stato
identificato nel 10% di donne e uomini sani e nel 60% delle pazienti con cancro mammario.
"La lista dei tumori umani a origine virale è alquanto lunga: tumori delle alte vie respiratorie, dell'esofago, del fegato, forse della prostata, e anche linfomi e leucemie – sottolinea Bevilacqua - Per questo l'idea che anche i tumori della mammella possano farne parte non è affatto peregrina anche perché ad oggi non vi sono solide ipotesi alternative".
Il passo successivo è stato quindi di ipotizzare che se il virus esiste nell'uomo moderno, doveva già
esserci nei tempi antichi e da qui l'idea di cercarlo nel tartaro dei denti, che è un prodotto della
saliva e che ha una composizione tale da preservare in modo ottimale i microorganismi presenti
nella bocca e i loro acidi nucleici in particolare.
"Lo studio pubblicato su Aging suggerisce inoltre in qual modo l'MMTV murino abbia potuto trasferirsi nella specie umana diventando un betaretrovirus umano – conclude Bevilacqua. E' ormai noto che i virus animali possono passare all'uomo mediante un "salto di specie", che in genere si verifica in ambienti e periodi di stretta coabitazione fra animali e persone, come all'inizio della diffusione dell'agricoltura avvenuta circa 10mila anni fa nella cosiddetta "mezzaluna fertile", il vasto territorio che va dalla Mesopotamia alla valle e al delta del Nilo.
Qui l'abbondanza di vegetali rappresentò un ambiente particolarmente favorevole per i topi, e non solo, dando inizio alla loro coabitazione con l'uomo, in un ambiente di forte promiscuità".
Il professor Bevilacqua, attualmente docente nel dottorato di ricerca in Scienze Cliniche e Traslazionali nell'Università di
Pisa e direttore della Medicina di Laboratorio della Casa di Cura San Rossore, ha cominciato a studiare il modello di cancro
mammario del topo indotto dall'MMTV 45 anni fa come allievo di Francesco Squartini, professore di Anatomia Patologica a
Pisa, uno dei grandi esperti nello studio di questa malattia.
Per lo studio pubblicato su Aging si è avvalso, per la raccolta dei 36 crani antichi, dell'aiuto di Gino
Fornaciari, già Professore di Storia della Medicina nell'Ateneo pisano e uno dei padri della
Paleopatologia, e di Pasquale Bandiera dell'Università di Sassari. Al fine di evitare qualsiasi
possibilità di contaminazione con DNA del topo sono stati condotti meticolosi controlli e al fine di
escludere la presenza di sequenze betavirali endogene umane (HERVs) è stato condotto un
accuratissimo studio di bioinformatica grazie alle competenze specifiche di Enzo Tramontano, Professore di Virologia
nell'Università di Cagliari, e della sua collaboratrice Nicole Grandi.
Lo studio dei resti antichi si è avvalso anche del supporto di Giuseppe Naccarato, Valentina Giuffra, Antonio Fornaciari e
Cristian Scatena del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e Nuove Tecnologie dell'Università di Pisa. Gli studi molecolari sono
stati svolti con la collaborazione di Chiara Maria Mazzanti, Francesca Lessi, e Paolo Aretini della Fondazione Pisana per la
Scienza e di Prospero Civita del Dipartimento di Ricerca Traslazionale dell'Ateno pisano.
Precedenti articoli sull'argomento hanno visto la collaborazione di Maria Adelaide Caligo, di Manuela Roncella e di Matteo
Ghilli del Centro di Genetica Oncologica e della Senologia dell'AOUP.
La scoperta del primo betaretrovirus umano, candidato ad essere la causa del cancro della mammella nella donna, apre alla possibilità di un vaccino, come è accaduto per l'HPV e il cancro del collo dell'utero.
La "A" di Giotto, por Giulia Ammannati
Vi presentiamo un articolo pubblicato per la SNS News, a proposito de la ricerca de Giulia Ammannati, nella rivista scientifica "Immagine e Parola" I, 2020 (C) by Fabrizio Serra editore, Pisa-Roma.
"Nel recente studio "La A di Giotto", pubblicato nell'ultimo numero della rivista scientifica "Immagine e Parola", Giulia
Ammannati dimostra che Giotto fu un autentico 'magister' anche nell'organizzazione di quel cantiere parallelo, di solito
considerato secondario, dedicato alla scrittura di testi e cartigli esplicativi delle immagini sacre dipinte sulle pareti chiese,
cappelle oppure su oggetti mobili come i crocifissi.
Nelle quattordici didascalie poetiche che corredano le allegorie dipinte da Giotto nello zoccolo delle
due pareti laterali della Cappella degli Scrovegni (1303-1305), la ricercatrice individua e isola
quattro mani "che si spartiscono ordinatamente il lavoro".
Le quattordici didascalie poetiche che corredano le allegorie dipinte da Giotto nello zoccolo delle due pareti laterali della Cappella vedono all'opera quattro mani diverse, che si spartiscono ordinatamente il lavoro (cit: "Immagine e Parola", 1, 2020).
Da subito le appare evidente che la 'mano A' esegue i testi più importanti ("le prime quattro virtù:
Spes, Karitas, Fides e Iustitia") e che "la distribuzione del lavoro riflette una chiara gerarchia fra
gli scriventi". Una mano che "spicca di gran lunga su tutte per armonia, abilità e padronanza esecutiva", con un ruolo guida
evidente e con interventi in situazioni di particolare impegno prospettico.
La mano B completa i tituli delle restante tre Virtu (Temperantia, Fortitudo, Prudentia), per poi spostarsi all'altro capo della parete di fronte, dove esegue il titulus del primo Vizio (Desperatio); la mano C si incarica dei tituli di Invidia e Infidelitas: la mano D, infine, esegue le iscrizoni di Ira, Insconstantia e Stultitia (cit: "Immagine e Parola", 1, 2020).
In questa mano, la Ammannati vi legge "una facilità di disegno che assicura risultati di grande equilibrio ed eleganza" e che
ha tratti molto riconoscibili anche in altre opere attribuite a Giotto: per esempio, nella Sala del Capitolo della Basilica del
Santo, sempre a Padova, da lui affrescata prima dell'esperienza agli Scrovegni, e prima ancora a Rimini, nel titulus del
Crocifisso oggi nel Tempio Malatestiano.
Le scritte di questa mano ('mano A') si ritrovano naturalmente anche ad Assisi, nella Cappella
della Maddalena nella Basilica Inferiore, nella Cappella Peruzzi di Santa Croce a Firenze o
nel Polittico Stefaneschi eseguito intorno al 1320 per l'altar maggiore della Basilica di San
Pietro in Vaticano.
"Se da un lato – spiega la ricercatrice – è logico ipotizzare che la 'mano A' possa essere di un allievo
o di uno stretto collaboratore di Giotto che lavora nella sua bottega per oltre vent'anni affiancandolo
nei diversi cantieri, abbiamo sufficienti e sicuri elementi per immaginare che questa sia la mano
dello stesso Giotto.
L'elevata qualità formale ed estetica, il suo ricorrere nelle tappe cruciali della carriera giottesca per oltre due decenni, le
modalità d'intervento che selezionano i corredi testuali di maggior pregio letterario o estensione, i punti di particolare rilievo
o difficoltà tecnica sono tutti dati perfettamente compatibili con la mano di Giotto più che con quella di qualsivoglia
collaboratore o allievo". Un sostegno in più per questa ipotesi viene trovato da Giulia Ammannati
nella tavola del Louvre, con le Stimmate, 'firmata' da Giotto. E conclude: "Dobbiamo abituarci a
pensare che, per Giotto, dipingere scrittura non fosse necessariamente operazione minore, di
contorno, da delegare a collaboratori specializzati, ma occasione di diretto interesse anche dal punto
di vista intellettuale".
(...) La scoperta di un Giotto 'calligrafo' si aggiunge a quella con la quale Giulia Ammannati ha fatto
riscrivere la storia dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
(...) Recentissima, infine, la soluzione del giallo sul vero autore della Torre di Pisa, l'unico monumento della Piazza dei
Miracoli a non avere un 'padre'.
Nel testo di una incisione sinora mai decifrata di una matrice in pietra usata per la fusione delle lastre di bronzo, ritrovata per
caso nel 1838 e poi murata nella parete vicino all'ingresso del Campanile pendente, Giulia Ammannati ha ritrovato la firma
di Bonanno Pisano, scultore e bronzista.
Di lui come autore della Torre ne aveva parlato Giorgio Vasari, ma in mancanza di prove certe la
notizia non è mai stata confermata. Uno dei motivi potrebbe anche essere stata, secondo la
ricercatrice, "perché la cattiva stella sotto cui nacque il campanile non dovette incoraggiare
l'architetto a legare il suo nome a quel palese fallimento", che peraltro ne ha fatto uno dei
monumenti più celebri al mondo.
(Da: AGI, in Normale News: https://normalenews.sns.it/giulia-ammannati-rivela-la-calligrafia-di-giotto y (cit.) "Immagine e Parola", I, 2020. )